Venezia si salverà dai cambiamenti climatici?

Il mare si alza e il suolo si abbassa, rendendo le inondazioni sempre più frequenti. È la maledizione di Venezia, considerata tra le città più esposte all’innalzamento dei mari causato dal riscaldamento globale. A dirlo è una pletora di studi scientifici che negli ultimi mesi sono giunti alle medesime conclusioni: il mare si scalda e si gonfia sempre più in fretta, mettendo in grave pericolo isole e regioni costiere, dove 300 milioni di persone potrebbero essere costrette a migrare. Credere che il problema riguardi solo qualche sperduto atollo del pacifico è però un’illusione: anche molte coste italiane sono a rischio e Venezia – dicono invariabilmente gli studi – è tra le città che più rischiano di essere sommerse.

 

Le colpe della crisi climatica

Non è una sentenza di condanna, perché il destino della Serenissima dipenderà in parte dal successo o dal fallimento degli interventi per ridurre le emissioni di gas serra, e in parte dalle capacità di adattarci a un clima che è già mutato sotto i nostri occhi increduli. La comunità scientifica però non ha dubbi: i guai che incombono su Venezia sono un frutto amaro dell’emergenza climatica, destinata ad aggravare il fenomeno dell’acqua alta (che in questi giorni è dipeso dalla combinazione tra forti venti di scirocco sull’Adriatico e la marea astronomica, come ha precisato all’Ansa Bernardo Gozzini, climatologo del Cnr).

 

La fisica è semplice: gli oceani assorbono oltre il 90% del calore prodotto dal riscaldamento globale, e più l’acqua marina si scalda, più si dilata. Questo fenomeno, insieme alla fusione dei ghiacci, aumenta il livello dei mari di circa 3,6 millimetri all’anno. Lo ha certificato un recente rapporto dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo di esperti sul clima delle Nazioni Unite, sottolineando che oggi il livello dei mari si alza 2,5 volte più in fretta di quanto non facesse nel 1990.

 

Il bacino del Mediterraneo, considerato un’area vulnerabile ai mutamenti del clima, non sarà risparmiato, e tanto meno l’alto Adriatico. Secondo uno studio dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), tra il 1872 e il 2016 il mare di Venezia è già salito di quasi 35 centimetri.

 

Come se non bastasse, la città sprofonda a causa di un fenomeno che gli esperti chiamano subsidenza, in parte dovuto a cause naturali, in parte attribuito all’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere, che in passato ha coinvolto soprattutto l’area industriale di Marghera. Secondo uno studio pubblicato su Scientific Reports e condotto da ricercatori dell’Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr, nell’ultimo secolo Venezia è sprofondata di circa 15 centimetri, in prevalenza per cause antropiche.

 

Acqua granda

E così non sorprende che l’alta marea sia sempre più frequente. Quando il livello supera i 110 centimetri, il 12% della città si allaga e si parla di “marea molto sostenuta”. I dati del Centro previsioni e segnalazioni delle maree (Cpsm) del Comune di Venezia mostrano in modo inequivocabile come questi eventi, un tempo piuttosto rari, si ripetano sempre più spesso. Nel secolo tra il 1870 e il 1969 sono stati registrati 74 eventi di alta marea sopra i 110 centimetri, più o meno lo stesso numero di quelli che si sono contati nell’ultimo decennio.

 

In questi giorni la città è flagellata da eventi di “alta marea eccezionale”: si dice così quando il livello dell’acqua supera i 140 centimetri e oltre la metà di Venezia è invasa dall’acqua. Anche in questo caso, scorrendo le statistiche comunali balza agli occhi che, se tra il 1872 e il 2000 si sono registrati appena nove eventi eccezionali, dal 2000 a oggi siamo già a dodici.

 

L’eccezione diventa la norma

I climatologi non nascondono che gli scenari futuri sono cupi. Secondo una ricerca pubblicata in giugno sulla rivista Water, anche nell’ipotesi di riuscire a porre un freno alle emissioni, a Venezia il livello del mare continuerà a salire ed entro fine secolo sarà più alto di 60 centimetri rispetto a oggi. L’alta marea potrebbe così superare i due metri e mezzo, con danni inimmaginabili. E quel che è peggio, le “maree eccezionali” come quelle di questi giorni, diventeranno più la norma che l’eccezione, se così si può dire.

 

Un timore confermato anche dai ricercatori dell’Ismar, secondo cui, persino con un aumento del livello dei mari contenuto a circa mezzo metro (uno scenario piuttosto ottimistico rispetto ai trend attuali), gli eventi di marea di oltre 110 centimetri potrebbero ripetersi, anziché quattro volte all’anno come in media accade adesso, ben 250 volte all’anno: in pratica, le zone più basse della città, compresa piazza San Marco, sarebbero quasi sempre allagate.

 

Nei prossimi mesi, quando il Mose (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) sarà finalmente collaudato, sapremo se la colossale cintura di 78 paratoie mobili, ciascuna larga fino a 30 metri, che si stima arriverà a costare oltre 7 miliardi di euro, potrà difendere la Serenissima dall’alta marea. Ma se non chiudiamo in fretta il rubinetto – cioè se non smettiamo di sputare gas serra in atmosfera alimentando il riscaldamento globale – avvertono gli esperti dell’Ipcc, il livello medio dei mari crescerà di oltre un metro entro fine secolo, o forse addirittura di due metri. A quel punto non ci sarà barriera che tenga. L’abitabilità di Venezia, così come di gran parte delle coste del pianeta, si gioca sulla nostra capacità di reagire alla crisi climatica, prima di trovarci con l’acqua alla gola.

 

di Giancarlo Sturloni

 

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