Risorse idriche, Anbi: l’Italia fa finta di niente ma è sull’orlo di una sete endemica

Nel giorno in cui l’IPCC pubblica il suo nuovo e drammatico rapporto, che  evidenzia i forti rischi che corrono l’Italia e il Mediterraneo, Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio (ANBI), commentando i dati del report settimanale dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche che sembra la conferma locale di un allarme planetario: «Non siamo soliti lanciare inutili allarmismi ed è vero che c’è ancora tempo, seppur sempre meno, per recuperare il deficit idrico in ampie zone d’Italia, ma è altrettanto vero che lo stato di siccità conclamata si sta registrando lungo la Penisola, in maniera diversificata, da circa un anno, facendo seguito ad un 2020 già particolarmente arido; ciò ci fa ritenere che la sofferenza idrica stia diventando un fattore endemico lungo la Penisola».

 

L’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche fa notare che «Paradossalmente, i dati più eclatanti arrivano dall’Emilia Romagna, dove gli eventi meteo, registrati nella parte occidentale e  che hanno ristorato la situazione fluviale complessiva, mostrano però tutta la gravità della situazione: nella zona montana, tra i fiumi Parma e Trebbia, in 7 giorni sono caduti circa 15 millimetri di pioggia, che portano a mm.87, la “cumulata” da inizio d’anno; l’anno scorso, nello stesso periodo, erano però stati mm.295! Non solo; la pioggia è sempre più localizzata: a parte 20 millimetri circa d’acqua, caduti in pianura tra il Parma ed il Tidone, nulla o quasi si è registrato nel resto della regione».

 

Non va meglio nel resto del Nord Italia dove, tra i grandi laghi, solo il Garda è stabilmente sopra la media del periodo, mentre gli altri invasi hanno percentuali di riempimento addirittura dimezzate rispetto a quanto registrato durante le estati più siccitose. L’ANBI evidenzia un dato a prima vista paradossale: «In Val d’Aosta, le piogge sono state minime, ma sorprendentemente la portata della Dora Baltea è in crescita a testimonianza probabilmente del già iniziato scioglimento dello scarso manto nevoso, provocato da un clima straordinariamente mite».

 

Negli scorsi 7 giorni, le  precipitazioni sono state praticamente nulle in Piemonte, Veneto e Lombardia, dove le riserve idriche si allontanano sempre più dalla media storica e così i livelli di quasi tutti i fiumi, Po compreso, continuano a calare o si confermano su valori molto bassi e che quasi sempre sanciscono record negativi».

 

Anche nell’Italia Centrale si accentua la sofferenza idrica, con un calo di portata su tutti i fiumi della Toscana, dove il deficit medio di pioggia si aggira intorno al 40%, ma ANBI evidenzia che, secondo i dati SIR- Servizio idrologico e geologico regionale della Toscana, «Nei bacini dei fiumi Ombrone e Fiora, così come nelle zone costiere ed insulari, nonché nella porzione settentrionale della Valdarno, lo scarto negativo fluttua  tra -50% e -70%; nella città di Firenze, tale scarto segna -63% circa rispetto al 2021 e -52% rispetto alla media».

 

Sempre più grave la situazione idrica nelle Marche dove il Centro Operativo Agrometeo ASSAM Regione Marche ha detto che «Dall’inizio dell’anno, si sono riscontrate minori precipitazioni rispetto alla media storica degli scorsi 10 anni: in provincia di Pesaro Urbino si oscilla tra -24% nell’area montana e -69% lungo la costa, mentre ad Ancona si registra -78% in Appennino e -65% in Vallesina. Non va meglio nel Sud della regione: -75% nelle province di Macerata e Fermo, -65% in provincia di Ascoli. Il record arriva da Tolentino, nel maceratese, dove il deficit di Febbraio ha toccato l’85% (siccità estrema), raggiungendo su base annua addirittura -96% (fonte: ASSAM). Tra i fiumi cresce solo il Tronto ma, nonostante la contingenza negativa, la percentuale di riempimento degli invasi è in media con gli ultimi anni».

 

Nel Lazio, le portate dei corsi d’acqua nel bacino del Liri sono inferiori agli scorsi anni, mentre in Campania aumentano le disponibilità in tutti i corpi idrici, tranne che nel fiume Garigliano.

 

A Sud, gli invasi di Basilicata si riempiono molto lentamente (in una settimana +3milioni di metri, ma segnavano +20 milioni un anno fa ); il serbatoio della diga di monte Cotugno, a gennaio ha avuto un aumento dei volumi, pari a circa 25 milioni di m3, ma 12 mesi fa se ne registravano ben 100 in più! In 7 giorni, i volumi d’acqua, trattenuti negli invasi pugliesi, sono cresciuti solamente di poco più  di 2 milioni di metri cubi. Va meglio in Calabria e Sicilia, dove la fine dell’autunno ed i mesi invernali si stanno caratterizzando tra i più piovosi dell’ultimo decennio.

 

Il direttore generale di ANBI, Massimo Gargano, non nasconde la sua preoccupazione e conclude: «Abbiamo la sensazione che non sia adeguatamente percepita la situazione che, stanti le attuali condizioni climatiche, ci troveremo ad affrontare tra qualche settimana. Accanto alla programmazione di interventi strutturali per aumentare la capacità di trattenere acqua sul territorio, è urgente che oltre a convocare tavoli di concertazione per definire, nel rispetto delle priorità di legge, l’utilizzo migliore di una risorsa vitale e sulla quale ormai convergono molteplici interessi che tutti coloro che hanno responsabilità e impegni per la risorsa ne prendano nuova coscienza, per risposte concrete che territori, imprese e cittadini non possono più tollerare nella liturgica dichiarazione di stato di calamità per eccesso o scarsità di acqua».

 

Fonte: https://greenreport.it/news/acqua/risorse-idriche-anbi-litalia-fa-finta-di-niente-ma-e-sullorlo-di-una-sete-endemica/