Perché riciclare le batterie delle auto elettriche è una grande opportunità per l’Italia

Le batterie dei veicoli elettrici possono avere un solo destino dopo l’utilizzo: il riciclo. Lo prevede la direttiva 2006/66/CE, che fa della mobilità elettrica un esempio lampante di economia circolare. Dopo l’impiego a bordo di auto, furgoni o altri mezzi, gli accumulatori sono chiamati prima a una second life per applicazioni stazionarie pubbliche o private – a supporto di reti elettriche e fonti rinnovabili – per poi venire avviati al riciclo per recuperare tutti i preziosi materiali che li compongono. Un business con grandi prospettive di sviluppo, in cui l’Italia può recitare un ruolo da protagonista.

 

È quanto emerge dallo studio “Il riciclo delle batterie dei veicoli elettrici @2050: scenari evolutivi e tecnologie abilitanti”, presentato oggi a Milano da Motus-E, Strategy& e Politecnico di Milano, che al 2050 stima fino a poco più di 6 miliardi di euro i ricavi generati in Europa dalla vendita di nichel, cobalto e litio riciclati. 

 

È qui che l’Italia può inserirsi per dare vita a una nuova filiera industriale, forte di una conclamata esperienza trasversale nel riciclo. Considerando solo le batterie delle auto elettriche che si troveranno già sul territorio nazionale, e senza contare tutto l’indotto del comparto, i ricavi di questa attività si attesteranno nella Penisola tra i 400 e i 600 milioni di euro, con una vertiginosa prospettiva di aumento al naturale crescere del parco elettrico circolante, fino a stabilizzarsi a regime su valori esponenzialmente più elevati quando tutto il parco sarà a batteria.E non solo, perché il giro d’affari può espandersi ulteriormente, e più velocemente, anche importando accumulatori da riciclare dall’estero.

 

Complici i nuovi target Ue sul contenuto minimo di riciclato nelle batterie dei veicoli elettrici, al 2050 l’analisi stima infatti circa 3,4 milioni di tonnellate di batterie a fine seconda vita pronte per essere riciclate in Europa, a fronte di una capacità di riciclo che non supera oggi le 80.000 ton/anno. Lo spazio per fare industria e creare nuovi posti di lavoro quindi è enorme.

 

Oltre a dare vita a un’articolata filiera tutta nuova, con tutti i benefici economici, occupazionali e ambientali collegati, riciclare queste batterie vuol dire anche rendersi più indipendenti sull’estrazione e la lavorazione delle relative materie prime, potendo fare leva su risorse presenti “in casa” e già raffinate, pronte per essere reimmesse nel processo produttivo.

 

“I risultati di questo studio sono l’esempio dell’approccio che come Paese dobbiamo avere nei confronti della transizione all’elettrico”, spiega il segretario generale di Motus-E, Francesco Naso, “le competenze ingegneristiche dell’Italia sono riconosciute in tutto il mondo, con le giuste politiche industriali possiamo metterle a frutto e diventare leader in molti ambiti della mobilità elettrica, come appunto il riciclo delle batterie. Si tratta di opportunità per rilanciare economia e occupazione che non possiamo regalare ad altri Paesi, ma bisogna essere veloci se vogliamo coglierle e sfruttarle appieno”.

 

La catena del valore delle batterie oggi è strutturata in due macro-fasi: produzione e utilizzo, e gestione del fine vita, con quest’ultima che include le fasi di raccolta, trasporto, seconda vita della batteria e riciclo, prima di arrivare alla vendita del materiale riciclato. 

 

Le opportunità derivanti dalla gestione delle batterie a fine vita stanno già cominciando a incentivare gli attori tradizionali della value chain a estendere le proprie competenze in ruoli adiacenti a quelli già ricoperti. Anticipare le proprie mosse può innescare un rilevante vantaggio competitivo. 

 

“La creazione di una catena del valore circolare per le batterie è fondamentale per sfruttare il valore immagazzinato nella loro capacità residua e nei componenti che le compongono”, sottolinea Massimo Leonardo, Principal Strategy&, “oltre alla sostenibilità, l’interesse degli attori coinvolti rispetto a questo tema è incentivato dalle sinergie presenti tra le attività di produzione e utilizzo e gestione del fine vita. Affiancare la produzione di batterie al riciclo degli scarti permette ai produttori italiani ed europei di riutilizzare la materia prima seconda derivata dai loro stessi rifiuti, e soddisfare i requisiti imposti dalle normative europee. Allo stesso modo, le case automobilistiche possono identificare le soluzioni ottimali per dare nuova vita alle batterie di cui conoscono design e caratteristiche, e usufruire delle loro reti di concessionari per la raccolta. Gli attori in grado di sfruttare fin da subito queste sinergie godranno di un forte vantaggio competitivo”.

 

L’analisi presentata oggi non si limita infine a esplorare i riflessi economici del riciclo delle batterie dei veicoli elettrici, ma fornisce anche una dettagliata panoramica sulla tecnologia e i processi adottati, illustrando le caratteristiche dei vari trattamenti e anticipando le peculiarità delle prossime generazioni di accumulatori. Dallo sviluppo di design che faciliteranno il riciclo all’evoluzione del catodo verso una progressiva riduzione del cobalto, passando per la sostituzione della grafite all’interno dell’anodo e la transizione dell’elettrolita dallo stato liquido a quello solido.

 

“Le soluzioni tecnologiche per il riciclo di materiali strategici dalle batterie a Ioni di Litio trattate nel report, implementate a diversi livelli di maturità industriale, evidenziano le attuali capacità di riciclo in Europa e le enormi opportunità che questa strategia di business circolare offre all’ecosistema nazionale”, conclude Marcello Colledani, professore associato presso il Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, “le sfide per il futuro riguarderanno lo sviluppo di soluzioni sostenibili e ad alto valore aggiunto per supportare la fornitura di materia prima-seconda ad elevata qualità per il riuso nelle Gigafactory per la produzione di batterie, attualmente in sviluppo in Europa”.

 

Fonte https://www.rinnovabili.it/ambiente/politiche-ambientali/greenwashing-in-etichetta-direttiva-ue/