
“Dopo aver compiuto progressi significativi nell’azione per il clima a partire dal secondo decennio del secolo e dopo essersi impegnata per allineare la sua strategia ambientale agli standard UE, l’Ucraina ha subito nel 2022 l’invasione da parte della Russia che ha contribuito alla devastazione ambientale del Paese con il rilascio di elementi potenzialmente tossici derivanti dalle attività militari”. È un giudizio perentorio quello espresso dal Joint Research Centre della Commissione Europea sui danni collaterali della guerra.
Conseguenze gravi che, seppur non paragonabili ai costi umani del conflitto innescato da Mosca nel febbraio di tre anni fa, rappresentano comunque un problema di grande portata per una nazione che può contare su un vastissimo patrimonio forestale e un suolo agricolo tra i più produttivi del Pianeta: il celebre chernozem. La fotografia della situazione è contenuta nel rapporto “Status of Environment and Climate in Ukraine” pubblicato nelle scorse settimane.
Le emissioni erano diminuite di quasi due terzi in 30 anni
Tra il 1990 e il 2021 le emissioni di gas serra in Ucraina sono diminuite del 62,5%, osserva il rapporto. Tuttavia, con la ripresa post-pandemia il dato è cresciuto del 7,5% rispetto al 2020. La guerra ha poi causato una riduzione del 23-26% misurata nel 2022 e legata alla distruzione delle infrastrutture energetiche e industriali ma ha anche generato emissioni aggiuntive nei primi 18 mesi di conflitto. Tra il 2018 e il 2022, inoltre, le concentrazioni medie annue di biossido di azoto (NO₂) e formaldeide (CH₂O) hanno superato i limiti fissati dagli standard nazionali.
A Kyiv, i livelli di PM10 e PM2.5 sono risultati inferiori ai limiti UE, ma superiori alle linee guida più stringenti dell’OMS.
Per lo stato delle acque il giudizio resta sospeso: “Il Mar Nero è sottoposto a una forte pressione antropica dovuta al sovraccarico di nutrienti e contaminanti (comprese le microplastiche), al traffico marino intensivo, ai cambiamenti climatici, alla pesca e alla diffusione di specie invasive”. Tuttavia, “dall’inizio della guerra il monitoraggio ambientale non è più praticabile a causa dell’inaccessibilità della costa e dell’impossibilità di effettuare indagini marine”.
Gli incendi hanno distrutto quasi un milione di ettari di foresta nel 2024
Tra gli habitat più a rischio ci sono le foreste che in Ucraina coprono un quinto del territorio con un’estensione tra le più ampie in Europa in valore assoluto. Secondo lo studio, sono oggi 1,7 milioni gli ettari totali colpiti dalla guerra, pari a circa il 15% della copertura forestale del Paese. “Dallo scoppio delle ostilità nel febbraio 2022, le pressioni sono aumentate a causa dell’intensa deforestazione e della distruzione dell’habitat, nonché della minaccia di residui esplosivi e delle fiamme”, spiega il rapporto. Un fenomeno, quest’ultimo, non del tutto nuovo.
Negli ultimi decenni, infatti, “Il cambiamento climatico ha fatto crescere il rischio di grandi incendi boschivi che, soprattutto negli ultimi cinque anni, sono stati responsabili delle perdite di copertura forestale in una misura annuale compresa tra il 45 e il 65% del totale”.
Secondo le immagini satellitari, nel 2024 l’Ucraina ha subito incendi da record che hanno bruciato 965.000 ettari di foreste, più del doppio dell’area totale colpita dalle fiamme nello stesso anno nell’Unione Europea. “La maggior parte di essi si è verificata in condizioni di clima secco e caldo lungo le linee del fronte”, precisa il rapporto.
Il degrado del suolo in Ucraina
Uno dei maggiori problemi vissuti dall’Ucraina è il degrado del terreno che colpisce una delle principali risorse naturali del Paese, essenziale per l’agricoltura e la sicurezza alimentare nazionale e internazionale. “La salute del suolo è fondamentale per l’Ucraina, dove l’agricoltura costituisce una delle principali attività economiche contribuendo all’11% del PIL e al 60% delle esportazioni con un valore stimato nel 2023 di 23,3 miliardi di euro“, spiega il rapporto.
Tra le principali forme di degrado c’è l’erosione, un processo che interessa circa il 40% del territorio agricolo.
La perdita di strato fertile, che compromette la produttività dei terreni, è favorita da anni dall’impiego di pratiche agricole intensive e non sostenibili, come l’aratura profonda e l’assenza di rotazione delle colture. La guerra, da parte sua, ha creato un’ulteriore emergenza. Il conflitto, infatti, “ha contribuito alla devastazione rilasciando elementi tossici come piombo, mercurio e arsenico che, penetrando nelle catene alimentari, possono causare gravi conseguenze per la salute pubblica”.
La guerra rende più difficile il monitoraggio
L’invasione russa, ricorda il rapporto, ha moltiplicato le pressioni ambientali. Esplosioni, movimenti di truppe e utilizzo di munizioni sono eventi che contribuiscono non solo alla contaminazione e al degrado del suolo ma anche alla distruzione delle coperture vegetali e alla compromissione della loro funzione ecologica. A questo si aggiunge poi un altro problema: la presenza di mine e residuati bellici, infatti, ostacola sia l’adozione di pratiche di recupero sia il monitoraggio.
Il sistema nazionale di osservazione del suolo è attualmente frammentato e insufficiente, continuano gli autori. La guerra, poi, ha reso inaccessibili molte aree e ha interrotto diverse attività di campionamento.
Mancano, inoltre, una strategia nazionale coerente e strumenti aggiornati per la valutazione dello stato di salute del terreno. Allo stato attuale, insomma, diventa molto difficile valutare fenomeni rilevanti come compattazione, acidificazione, salinizzazione e perdita di sostanza organica. E diviene altrettanto complesso intervenire in modo mirato per rimediare. In futuro sarà quindi fondamentale rafforzare la capacità di monitoraggio da remoto, introdurre pratiche agricole conservative, bonificare i terreni contaminati e resi pericolosi dalla presenza di residuati bellici e, infine, integrare la protezione del suolo nelle politiche di ricostruzione e adattamento climatico.
di Matteo Cavallito
Fonte: https://resoilfoundation.org/ambiente/guerra-ucraina-terreni-contaminati/