L’United States Geological Survey (USGS) ha pubblicato le prime mappe che identificano i pericoli di terremoti sia naturali che indotti dalle attività antriopiche. In passato, le mappe USGS identificavano solo i rischi di terremoto naturali. I terremoti indotti sono innescati dalle attività umane e la causa primaria in molte aree dei CEUS è lo smaltimento delle acque di risulta dei pozzi petroliferi e gasieri realizzati con la tecnica del fracking, che vengono iniettate in pozzi sotterranei profondi, sotto le falde acquifere che forniscono acqua potabile.
Le nuove mappe forniscono sia la situazione dei terremoti nell’ultimo anno che una previsione a 50 anni e il rapporto che le accompagna dimostra che circa 7 milioni di persone vivono e lavorano nelle aree degli Usa centrali e orientali (Central and eastern U.S. – CEUS) dove i terremoti indotti possono provocare danni, ma aggiunge che in poche zone dei CEUS è probabile che i danni provocati dai diversi tipi di terremoti siano simili a quelli dei terremoti naturali nelle aree ad alto rischio della California.
Mark Petersen, a capo dell’USGS National Seismic Hazard Mapping Project, spiega che «Includendo gli eventi indotti dall’uomo, la nostra valutazione dei rischi di terremoto è aumentata significativamente in alcune parti degli Stati Uniti. Questa ricerca dimostra anche che molte più aree della nazione devono affrontare una significativa probabilità di avere terremoti dannosi per il prossimo anno, sia indotto dall’uomo che naturali».
I pericoli più significativi della sismicità indotta riguardano, in ordine decrescente, 6 stati Usa: Oklahoma, Kansas, Texas, Colorado, New Mexico e Arkansas. Oklahoma e Texas hanno le più grandi popolazioni esposte ai terremoti indotti. Petersen ricorda che «Negli ultimi 5 anni, l’USGS ha documentato un elevato tremore e danni nelle aree di questi 6 stati, per lo più da terremoti indotti. Inoltre, il e website USGS Did You Feel It? ha archiviato decine di migliaia di segnalazioni da parte del pubblico che ha sperimentato scosse in quegli stati, di cui circa 1.500 segnalazioni di forti scosse o danni».
Gli scienziati dell’USGS hanno individuato 21 aree con un aumento dei livelli di sismicità indotta. Terremoti indotti si sono verificati anche all’interno di piccole aree dell’Alabama e dell’Ohio, dove però si è registrata una recente diminuzione dell’attività dei terremoti indotti. In altre zone dell’Alabama e in piccole parti del Mississippi, si è registrato un aumento dell’attività e gli scienziati stanno ancora indagando se tali eventi siano indotti o naturali.
La USGS National Seismic Hazard Map fa una previsione cinquantennale, cioè la vita media di un edificio statunitense, quindi fornisce informazioni essenziali per la progettazione e le norme per costruire in base al rischio sismico e introduce anche i cambiamenti derivanti dalla sismicità indotta su scale temporali brevi. Il nuovo rapporto USGS può essere quindi utilizzato sia dalle amministrazioni locali che statali e federali per prendere decisioni più informate e dalla protezione civile Usa per valutare la vulnerabilità delle diverse aree e fornire informazioni sulla sicurezza per coloro che sono in potenziale pericolo. Gli ingegneri possono utilizzare le mappe e il rapporto per valutare la sicurezza sismica di edifici, ponti, condutture e altre strutture importanti.
Negli ultimi 6 anni gli Stati Uniti centrali hanno subito il più forte aumento della sismicità: «Dal 1973 al 2008, c’è stata una media di 24 terremoti di magnitudo 3.0 e più all’anno – spiega il rapporto – Dal 2009 al 2015, il tassodi aumento è stato costante, in media 318 all’anno e un picco nel 2015 con 1.010 terremoti. Fino a metà marzo 2016, nella regione centrale statunitense ci sono stati 226 terremoti di magnitudo 3.0 e oltre. Fino ad oggi, il più grande terremoto si situa vicino a diversi pozzi di iniezione attivi ed è stato di magnitudo 5.6, nel 2011 vicino a Prague, Oklahoma».
Negli ultimi anni nei CEUS è stato registrato il più significativo incremento di attività sismica negli Usa a causa di terremoti indotti, quindi anche le previsioni USGS per il 2016 distinguono tra sismicità antropica e naturale solo per i CEUS e gli scienziati hanno utilizzato anche la serie storica degli eventi sismici, risalendo fino al 1700, mettendo una forte enfasi sui terremoti nel 2015.
Anche negli Stati Uniti occidentali ci sono terremoti indotti, ma non cambiano in modo significativo il livello di rischio regionale, rispetto ai molto più frequenti terremoti naturali. La ricerca futura potrebbe fornire uno sguardo più dettagliato alla sismicità indotta nel west, anche in California nel The Geysers, a Brawley o nel Los Angeles Basin.
Come si è visto, è lo smaltimento delle acque di risulta del fracking la principale causa del recente aumento di terremoti nei CEUS e l’UGS evidenzia che « Mentre la maggior parte pozzi di iniezione non sono associati ai terremoti, alcuni altri pozzi sono stati coinvolti in studi scientifici pubblicati, e molti Stati stanno regolamentando l’iniezione delle acque di scarico al fine di limitare i rischi di terremoto».
L’USGS dice che raramente i terremoti indotti sono legati alla operazioni di fracking vere e proprie, ma lo studio pubblicato praticamente in contemporanea su Seismological Research Letters da un team guidato da Gail M. Atkinson, della Western University, sui terremoti indotti nel Canada occidentale arriva alla conclusione opposta: non sono le acque reflue del Fracking, ma è il fracking vero e proprio a causare i terremoti. Atkinson precisa però che in alcuni giacimenti di petrolio e di gas negli Usa, in particolare Oklahoma, si utilizzano «grandi quantità di acqua», con uno smaltimento delle acque di risulta molto più elevato che nel fracking canadese. «E’ possibile che il massiccio smaltimento delle acque reflue negli Usa mascheri un altro segnale della sismicità indotta causata dal fracking, Quindi non siamo del tutto sicuri che non ci sia più sismicità da fratturazione idraulica negli Stati Uniti centrali, come è ampiamente riconosciuto».
Il Western Canada Sedimentary Basin (WCSB) ospita una delle più grandi riserve di petrolio e gas del mondo ed è disseminata di migliaia di pozzi perforati con la tecnica del fracking “orizzontale”. Il team di Atkinson ha confrontato 12.289 pozzi di fracking e 1236 pozzi per lo smaltimento delle acque reflue con il verificarsi, tra il 1985 e il 2015, di terremoti di magnitudo 3 o superiori in un’area di 454.000 Km2 tra l’Alberta e la British Columbia, ne è venuto fuori che i terremoti sono collegati al fracking Atkinson ha detto: «Non abbiamo ancora avuto un grande terremoto nei pressi di infrastrutture vulnerabili, ma credo che in realtà sua solo una questione di tempo prima di iniziare a vedere danni prodotti da un sisma di questo tipo». Lo studio ha anche confermato che negli ultimi anni quasi tutta la sismicità di magnitudo 3 o superiore nel Canada occidentale è stata indotta dalle attività antropiche e che più del 60% di questi terremoti sono legati al fracking, circa il 30-35% ai pozzi di smaltimento e solo il 5 e il 10% dei terremoti hanno origine naturale.
Rispetto alla mappatura e al rapporto USGS Atkinson introduce un altro elemento: il suo team è rimasto sorpreso dal fatto che i dati raccolti in Canada non mostrano nessuna relazione tra il volume del fluido iniettato in un sito fratturazione idraulica e la magnitudo massima della terremoto indotto: «Precedentemente si credeva che la fratturazione idraulica non potesse innescare grandi terremoti perché i volumi del fluido erano così piccoli rispetto al giacimento disponibile. Ma se non c’è alcuna relazione tra la magnitudo massima e lo smaltimento del liquido, quindi, potenzialmente, si potrebbero innescare eventi più grandi se la pressione del fluido si facesse strada fino ad una faglia molto stressata».
Gli scienziati mettono in guardia sulla concreta possibilità che i rischi sismici legati al fracking possano aumentare mano a mano che le compagnie petrolifere e gasiere estenderanno l’uso del fracking nei Paesi in via di sviluppo, dove spesso vivono grandi popolazioni e che hanno infrastrutture molto vulnerabili ai terremoti.
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