Alberi, un italiano su tre non sa che assorbono CO2

Quasi 3 italiani su 4 (73%) sanno che gli alberi abbassano la temperatura laddove sono piantati, limitando la formazione delle cosiddette 'isole di calore'. Allo stesso tempo, quasi 1 su 5 non sa che gli alberi sono in grado di mitigare gli effetti della pioggia intensa e di limitare gli allagamenti, mentre 1 su 3 ignora che gli alberi nelle città sono in grado di assorbire la CO2. Sono alcuni dei dati emersi da una ricerca elaborata dalla divisione Annalect di Omnicom Media Group per Prospettiva Terra, il progetto non-profit fondato dal Stefano Mancuso, accademico e divulgatore scientifico, e da Marco Girelli, Ceo di Omnicom Media Group Italia, con la partecipazione di realtà quali McDonald's, Henkel, Ricola, Acone Associati, Publitalia'80 ed il contributo di Pnat, come partner scientifico, e Bam-Biblioteca degli Alberi di Milano, come Botanical Partner, con l'obiettivo di affrontare insieme il problema del riscaldamento globale.

 

L'indagine, realizzata su un campione di 1.000 intervistati residenti in cinque grandi città italiane, Milano, Torino, Roma, Napoli e Palermo, ha l'obiettivo di investigare il grado di conoscenza dei cittadini sul ruolo che gli alberi ricoprono nel contrastare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico in occasione della Giornata Nazionale degli Alberi (21 novembre).

 

Giovani meno preparati

Nel dettaglio, si scopre che 6 italiani su 10 affermano che le foreste molto estese nel mondo sono in grado di assorbire grandi quantità di CO2, consapevolezza che cala, a sorpresa, sul target dei giovani 18-24enni (58%), sempre attenti ai temi ambientali, rispetto a quello dei 55-64enni (65%). "Sappiamo ancora troppo poco del nostro pianeta e questa ricerca ce lo dimostra - afferma Mancuso - Il disastro di Valencia o le alluvioni in Emilia-Romagna e in Sicilia, tanto per citare i gravi fatti più recenti, ci impongono un'azione forte e non più rimandabile. Il 2024 sarà l'anno più caldo di sempre ed il primo con una temperatura media globale di 1,5 gradi sopra i livelli preindustriali. Per questo bisogna educare le persone, fare formazione e informazione su come proteggere il nostro pianeta e limitare i danni: questo è l'obiettivo di Prospettiva Terra, con cui stiamo costruendo un modello cooperativo e diffuso, simile alle reti vegetali, in cui delle imprese private decidono di farsi carico del futuro che ci aspetta, lavorando nell'unica direzione possibile, ossia la partecipazione diretta a progetti di innovazione scientifica".

 

Diffusione del verde, centro vs periferie

Tre abitanti su 4 dichiarano che nel proprio quartiere gli alberi sono molto o abbastanza diffusi (75%). Tuttavia, i dati sono molto diversi da città a città: a Torino e a Roma la percentuale è del 90%, a Milano dell'80%, a Palermo del 63% e a Napoli soltanto del 51%. In effetti, Torino ha la più alta percentuale della superficie comunale occupata da aree verdi (18,2%), mentre Palermo si ferma al 4,8%. Inoltre, la percezione cambia anche in base alla zona della città in cui si vive: il dato è più forte man mano che dal centro (72%) ci si avvicina al semi-centro della città (75%), fino alla periferia (77%). In particolare, la percezione della forte presenza degli alberi cresce, anche fino al 30%, in periferia, mentre nelle aree centrali e semi-centrali si attesta intorno al 20%.

 

Non a caso, dunque, Napoli e Palermo sono le città in cui gli alberi sono più desiderati (rispettivamente 93% e 87%). Sebbene nelle altre città gli alberi sono percepiti come più presenti, le percentuali restano alte: a Torino e a Milano la percentuale di chi vorrebbe più verde in città si attesta intorno al 75% e a Roma al 69%. L'altro dato molto rilevante è quello della posizione rispetto alla città: il desiderio di avere più alberi, senza differenze sostanziali tra nord, centro e sud, è molto più sentito nel centro della città (87%) rispetto al semi-centro (80%) e, soprattutto, rispetto alla periferia (68%) dove la presenza degli alberi è tipicamente più forte.

 

'Preferita' la quercia

Scelta da oltre 6 italiani su 10, la quercia risulta essere l'albero che più di tutti, nell'immaginario collettivo, è in grado di contrastare gli effetti del cambiamento climatico, superando nettamente l'abete (39%) ed il pino (37%). Fuori dal podio sono i tigli (25%), i cipressi (24%) e i frassini (23%).

 

"Le piante sono vere e proprie macchine in grado di stoccare CO2 nei propri tessuti legnosi e assorbire alcuni inquinanti atmosferici, come il monossido di carbonio ed il particolato atmosferico - afferma Camilla Pandolfi, Ceo e R&D Manager Pnat - La farnia, ovvero la quercia più conosciuta (Quercus robur), è un albero in natura molto longevo ed è in grado di apportare numerosi benefici nell'arco della sua vita. Anche tigli e frassini sono in realtà molto performanti per quanto riguarda la rimozione degli inquinanti, grazie a particolari caratteristiche delle foglie e dei rami che permettono alle particelle fini di depositarsi sulla loro superficie, rimuovendole così dall'atmosfera. Non dimentichiamoci però delle specie sempreverdi (abeti, pini e cipressi) che, a differenza degli alberi caducifoglie, mantengono la chioma fogliata tutto l'anno e apportano notevoli benefici ambientali anche nei mesi in cui le altre piante sono meno attive, ovvero durante la stagione invernale".

 

 

Alberi alleati del benessere

Una cosa sicuramente mette tutti d'accordo da nord a sud: l'idea che essere circondati da alberi possa donare benessere mentale, serenità e gioia, per la quasi totalità del campione (96%). Napoli, una delle due città che lamentano una scarsa presenza di alberi, è quella in cui viene associata di più agli alberi l'idea di maggior aiuto per il benessere mentale e la serenità. E quando agli italiani viene chiesto quali pensieri e stati d'animo associano agli alberi, in generale, la risposta è un sentimento di serenità e di leggerezza: la prima idea, infatti, è quella del relax (33%), seguita dalla purezza (22%) e dai concetti di forza (17%), spiritualità (9%) e gioia (7%).

 

Fonte https://www.adnkronos.com/sostenibilita/alberi-e-clima-un-italiano-su-tre-non-sa-che-piante-assorbono-co2_6XtdR5yQRh7UlX5rEf9DDj?refresh_ce

 

Sharing mobility in Italia, il 95% dei veicoli è a zero emissioni

Il comparto della sharing mobility in Italia ha raggiunto ormai una fase di maturità, con una crescita consolidata negli ultimi anni. Tra il 2023 e il 2024, i dati relativi al numero di noleggi e alle percorrenze totali dei servizi in sharing sono rimasti sostanzialmente stabili, a conferma di una fase di stabilizzazione del mercato, che non ha visto grandi aumenti ma neanche un declino. Analogamente, il fatturato complessivo del settore si attesta a circa 178 milioni di euro nel 2023, segnando una lieve crescita rispetto al 2022.

 

La flotta di veicoli dedicata alla sharing mobility in Italia è composta da ben 81.000 veicoli, una cifra che sottolinea la diffusione dei servizi in condivisione nel Paese. La maggior parte di questi veicoli, precisamente l’86%, è costituita da monopattini e biciclette, con una distribuzione quasi equa tra i due tipi di veicolo: il 44% monopattini e il 42% biciclette. Solo una parte minore della flotta è costituita da auto (9%) e scooter (5%).

 

Un altro dato particolarmente rilevante è la sostenibilità del settore: ben il 95% dei veicoli in sharing sono a zero emissioni, a dimostrazione dell’impegno per la riduzione dell’impatto ambientale. Questo alto tasso di veicoli elettrici rappresenta una componente fondamentale nell’evoluzione della mobilità urbana sostenibile, contribuendo a rendere più ecologiche le scelte di trasporto quotidiane per i cittadini italiani.

 

Sebbene il settore della sharing mobility abbia raggiunto una fase di stabilizzazione, l’elevata percentuale di veicoli elettrici e l’ampia diffusione dei servizi in diverse città italiane testimoniano la crescente attenzione verso una mobilità più sostenibile e condivisa.

 

La maturità della sharing mobility in Italia, un settore in stabilità

In occasione di Intermobility Future Ways, il primo forum nazionale dedicato alla mobilità condivisa, si è tenuto a Rimini la presentazione dell’Ottavo Rapporto Nazionale sulla Sharing Mobility. Questo importante documento, frutto della collaborazione tra il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, offre un’analisi dettagliata e aggiornata sullo stato dell’arte della sharing mobility in Italia.

 

Il rapporto presenta una serie di dati e indicatori che delineano l’evoluzione del settore della mobilità condivisa nel nostro Paese. Tra i principali risultati emersi, si possono citare:

 

Crescita costante: il mercato della sharing mobility continua a crescere, dimostrando una sempre maggiore diffusione e integrazione nei sistemi di trasporto urbano;

Ampia gamma di servizi: l’offerta di servizi di condivisione si è diversificata, includendo non solo monopattini e biciclette, ma anche auto e scooter elettrici;

Sostenibilità ambientale: la sharing mobility si conferma come una soluzione sostenibile per la mobilità urbana, contribuendo alla riduzione delle emissioni e del traffico;

Integrazione con il trasporto pubblico: il rapporto evidenzia l’importanza di integrare i servizi di sharing mobility con il trasporto pubblico tradizionale, per creare sistemi di mobilità multimodale più efficienti.

Il rapporto è stato realizzato dall’Osservatorio Nazionale della Sharing Mobility, un’iniziativa nata con l’obiettivo di monitorare e promuovere lo sviluppo della mobilità condivisa in Italia. L’Osservatorio svolge un ruolo fondamentale nel fornire dati e analisi utili per orientare le politiche pubbliche e le decisioni degli operatori del settore.

 

La trasformazione del vehicle sharing in Italia: sostenibilità e valorizzazione della domanda

Il settore del vehicle sharing in Italia sta attraversando una fase di profonda trasformazione, come osservato da Raimondo Orsini, Coordinatore dell’Osservatorio Nazionale della Sharing Mobility. Questo cambiamento è caratterizzato da una crescente attenzione verso una maggiore sostenibilità economica, che si sta traducendo in modelli di business più efficienti e in una gestione più ottimizzata delle risorse. L’obiettivo è quello di rendere il settore più profittevole e al contempo meno dipendente da modelli tradizionali, con l’intento di garantire una maggiore durabilità a lungo termine.

 

Un altro aspetto fondamentale di questa evoluzione riguarda la valorizzazione della domanda degli utenti. La crescente richiesta di servizi di mobilità condivisa sta spingendo i gestori a ripensare le offerte, cercando di adattarle meglio alle esigenze di chi utilizza i mezzi in sharing. In particolare, si osserva un’attenzione maggiore al miglioramento della qualità del servizio, con soluzioni più personalizzate che rispondano in modo più efficiente alle necessità degli utenti.

 

Inoltre, questa trasformazione è favorita dalla maggiore consapevolezza degli stakeholder istituzionali, che hanno acquisito una comprensione più profonda dei benefici derivanti dalla mobilità sostenibile e condivisa. Grazie a una conoscenza più approfondita dei vantaggi sociali e ambientali della sharing mobility, le politiche pubbliche stanno diventando sempre più orientate a favorire lo sviluppo del settore, tramite incentivi e normative favorevoli.

 

Queste dinamiche pongono le basi per un settore che, pur affrontando sfide legate alla competizione e alla sostenibilità economica, si sta evolvendo verso un modello che risponde meglio alle esigenze ecologiche e sociali delle città italiane.

 

L’evoluzione del carsharing in Italia: flotta, percorrenze e nuove tendenze di noleggio

Il settore del carsharing in Italia sta vivendo un’importante fase di trasformazione, con evidenti cambiamenti nelle tendenze di utilizzo e nelle caratteristiche della flotta. La flotta di auto in condivisione ha raggiunto nuovamente i livelli pre-pandemia, con un totale di quasi 8.000 veicoli disponibili per i cittadini, di cui una parte significativa è rappresentata da auto ibride ed elettriche. Questo incremento di veicoli a zero emissioni riflette un forte orientamento verso soluzioni di mobilità sostenibile, in linea con le politiche ecologiche che puntano alla riduzione dell’impatto ambientale.

 

Il modello di carsharing free-floating, che consente agli utenti di prelevare e restituire i veicoli liberamente senza la necessità di stazioni fisse, sta vivendo una fase di evoluzione. Le modalità di utilizzo stanno cambiando, con una crescente preferenza per noleggi più lunghi. Le percorrenze totali sono aumentate significativamente, raggiungendo i 78 milioni di chilometri nel 2023, con una previsione di 90 milioni di chilometri per il 2024. Questo dato è sostenuto dall’introduzione di opzioni di noleggio a ore o a giorni, che molti operatori hanno inserito nelle loro offerte per rispondere alla domanda di flessibilità e di maggiore comodità da parte degli utenti.

 

Parallelamente, anche la durata media dei noleggi ha subito un notevole incremento. Se nel 2020 il noleggio medio era di circa 34 minuti, nel 2023 è salito a ben 88 minuti, indicando una modifica nelle abitudini di utilizzo, con un numero maggiore di utenti che ricorrono al carsharing per tratte più lunghe o per esigenze di mobilità quotidiana.

 

Nel contesto del carsharing station-based, ovvero il modello in cui le auto sono prelevabili solo in specifici punti di ritiro e riconsegna, la situazione è sostanzialmente stabile. Questo modello registra circa 300.000 noleggi all’anno, con una flotta di 1.200 veicoli, senza segnali di particolari fluttuazioni nella domanda o nell’offerta. Tuttavia, anche in questo ambito, si è registrato un aumento della durata media del noleggio, segno di un interesse crescente per l’utilizzo di queste vetture per periodi più lunghi.

 

Il successo del bikesharing in Italia: e-bike, crescita della domanda

Il settore del bikesharing sta vivendo una vera e propria esplosione in Italia, diventando uno dei comparti più dinamici nel panorama della mobilità condivisa. Tra tutti i servizi di sharing, il bikesharing è senza dubbio quello che ha mostrato le novità più rilevanti nel 2023. In particolare, si registra un forte aumento delle biciclette elettriche condivise, soprattutto nei servizi di free-floating, che sono gestiti da operatori simili a quelli dei monopattini in sharing. Questo incremento delle e-bike risponde alla crescente domanda di soluzioni di mobilità più sostenibili ed efficienti, ma anche al desiderio di una mobilità urbana che permetta di coprire distanze più lunghe con maggiore facilità.

 

Attualmente, le biciclette elettriche in free-floating rappresentano il 62% della flotta totale di biciclette in sharing in Italia, un dato che sottolinea come le e-bike stiano progressivamente guadagnando terreno rispetto alle biciclette tradizionali. Le città italiane che registrano il numero maggiore di biciclette elettriche condivise sono Milano, Roma e Bologna, che si confermano come poli principali di mobilità sostenibile.

 

Anche la domanda di servizi di bikesharing ha visto una crescita costante. Nel 2023, infatti, si è registrato un aumento del 12% dei noleggi rispetto all’anno precedente, con un totale di 11 milioni e mezzo di noleggi. Inoltre, si prevede che la domanda continui a crescere, con una proiezione di ulteriore aumento del 22% per il 2024. Questo trend riflette un cambiamento nelle abitudini di mobilità dei cittadini italiani, che vedono nel bikesharing un’opzione sempre più comoda e accessibile per gli spostamenti quotidiani.

 

Le percorrenze percorribili tramite il bikesharing free-floating sono anch’esse in forte espansione. Nel 2023, infatti, si sono registrati 25 milioni di chilometri percorsi in bicicletta attraverso il servizio di free-floating, un dato che dimostra l’efficacia di questo modello di mobilità, che sta rapidamente diventando una delle scelte preferite per spostamenti brevi e rapidi in città.

 

D’altro canto, il bikesharing station-based, pur mostrando una certa stabilità, ha visto una domanda che si mantiene costante rispetto all’anno precedente, con circa 4 milioni di noleggi annui. Tuttavia, i primi dati relativi al 2024 suggeriscono un potenziale aumento della domanda, grazie anche all’espansione delle aree servite e alla crescente attenzione verso la sostenibilità.

 

La riorganizzazione del settore dei monopattini in sharing

Il 2023 segna un momento di svolta per i servizi di monopattini in sharing in Italia. Dopo anni di espansione accelerata, che ha visto la proliferazione di questo tipo di veicolo nelle città italiane, il settore sta attraversando una fase di razionalizzazione. Dal 2019 in poi, il mercato dei monopattini è cresciuto in modo rapido, talvolta anche disordinato, con la presenza di un numero elevato di operatori e veicoli. Questa crescita ha portato a una saturazione del mercato, dove la concorrenza tra le aziende e la gestione delle flotte hanno reso necessario un intervento di riorganizzazione.

 

Nel 2023, il mercato ha iniziato a stabilizzarsi, con diverse sperimentazioni che sono giunte a termine e alcuni operatori che hanno deciso di abbandonare il mercato italiano. Diverse città, tra cui Milano, hanno pubblicato nuovi bandi che mirano a limitare il numero di veicoli e operatori presenti sul territorio, al fine di migliorare l’efficienza dei servizi e ridurre la congestione. Questa razionalizzazione ha portato a una riduzione significativa della flotta di monopattini, con circa 18.000 veicoli in meno tra il 2022 e l’inizio del 2024.

 

Nonostante questa riduzione, il numero di noleggi rimane stabile a circa 25 milioni all’anno, un dato che indica come l’interesse per i monopattini in sharing non sia diminuito, ma si stia semplicemente orientando verso un uso più mirato e razionale del servizio. Tuttavia, le percorrenze medie sono diminuite, passando da 2,5 km a 2,1 km, suggerendo che i cittadini utilizzano i monopattini per tragitti più brevi rispetto al passato.

 

Un altro dato significativo riguarda la presenza del servizio nelle città italiane: tra il 2022 e il 2023, le città capoluogo con un servizio attivo di monopattini in sharing sono passate da 47 a 35. Questo ridimensionamento riflette una selezione delle città che vogliono mantenere questi servizi, puntando a una gestione più efficiente e sostenibile.

 

L’evoluzione dello scootersharing in Italia

Il settore dello scootersharing in Italia ha subito una drastica contrazione negli ultimi anni, con una significativa riduzione sia del numero di servizi attivi che della flotta di veicoli disponibili. Tra il 2022 e il 2023, il numero di operatori è sceso da 22 a 10, segnando un evidente ridimensionamento del mercato. Questo declino ha portato a una diminuzione della disponibilità di scooter in sharing, che è calata di oltre la metà all’inizio del 2024. La razionalizzazione del settore è stata una risposta alle difficoltà di sostenibilità economica e alla necessità di concentrarsi su modelli di business più efficienti e sostenibili.

 

In questo scenario di riduzione, l’operatore Cooltra è emerso come il dominante nel settore, con una quota di mercato che è passata dal 31% nel 2022 al 90% nel 2024. Questo significativo aumento della sua flotta è avvenuto grazie a una consolidamento strategico, che ha permesso all’azienda di triplicare la sua quota di mercato in poco più di un anno, guadagnando un ampio margine rispetto agli altri competitor. L’espansione di Cooltra, che ha investito fortemente nella sua flotta, è un segnale di come, nonostante la riduzione complessiva del settore, ci sia ancora una domanda concentrata su operatori principali che offrono un servizio affidabile e scalabile.

 

Nonostante la riduzione della flotta e degli operatori, il numero di noleggi effettuati nel 2023 ha comunque raggiunto un nuovo record, superando i 4,5 milioni. Questo dato indica che, sebbene il mercato stia riducendosi, c’è ancora un elevato interesse per il servizio di scootersharing, soprattutto nelle aree urbane dove la mobilità sostenibile continua a essere una priorità. Tuttavia, i dati relativi ai primi mesi del 2024 suggeriscono un calo della domanda di circa il 20% rispetto al 2023, indicando un possibile rallentamento del mercato nei prossimi anni. Questo potrebbe essere il segnale di una maturazione del servizio o di un cambiamento nelle preferenze dei consumatori, che potrebbero orientarsi verso altre forme di mobilità condivisa o soluzioni di trasporto alternative.

 

La diminuzione degli incidenti nei servizi di micromobilità in sharing

Nel 2023, si registra una significativa riduzione dell’incidentalità legata ai servizi di micromobilità in sharing, con una diminuzione generale degli incidenti su strada. Questo miglioramento potrebbe essere il risultato di un aumento della consapevolezza degli utenti riguardo alle pratiche di sicurezza e di una maggiore esperienza acquisita nell’utilizzo di monopattini, biciclette e scooter in sharing. Gli utenti sembrano diventare progressivamente più abili nell’uso di questi mezzi, contribuendo a una gestione più sicura delle sistemazioni urbane e della mobilità condivisa.

 

Nel dettaglio, gli incidenti ogni 100.000 noleggi sono in calo per tutti i servizi di micromobilità, con una riduzione del 11% per i monopattini, del 7% per gli scooter e del 48% per le biciclette. La riduzione più consistente è stata registrata per le biciclette, con una diminuzione molto marcata degli incidenti, segnalando forse una maggiore familiarità con l’uso di questi mezzi rispetto agli anni precedenti. Questi numeri indicano un trend positivo in termini di sicurezza e di adozione di comportamenti più responsabili da parte degli utenti.

 

Tuttavia, non tutte le città italiane presentano gli stessi dati. Modena e Roma sono le città con il maggior numero di incidenti legati ai monopattini in sharing, segnalando aree in cui si potrebbe migliorare l’infrastruttura e la gestione della micromobilità urbana. La presenza di un numero elevato di incidenti in queste città può essere attribuita a vari fattori, tra cui il traffico intenso, la mancanza di piste ciclabili sicure o l’affollamento delle aree urbane, che rendono più complessa la gestione della sicurezza per gli utenti.

 

di Matteo Paolini

 

Fonte https://quifinanza.it/green/sharing-mobility-italia/865608/

G20 Rio: Guterres chiede leadership e compromessi su conflitti e COP29

Il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres, arrivando al G20 di Rio de Janeiro, ha invitato i leader del G20 a salvare i colloqui sul clima delle Nazioni Unite, in fase di stallo a Baku, in Azerbaigian, dimostrando “leadership” e aprendo a “compromessi” per la riduzione delle emissioni. “Il fallimento non è un’opzione. Un risultato positivo della COP29 è ancora a portata di mano, ma richiederà leadership e compromessi da parte dei Paesi del G20”.

 

Guterres,  parlando ai giornalisti alla vigilia dell’apertura del vertice dei leader del G20 nella città brasiliana, ha detto: “Sono venuto a Rio con un messaggio semplice: i leader del G20 devono indicare la direzione”. Poi ha aggiunto: “I paesi del G20 – per definizione – hanno un enorme peso economico. Esercitano un’enorme influenza diplomatica.  Devono usarlo per affrontare i principali problemi globali”.

 

“I paesi più vulnerabili si trovano ad affrontare venti contrari ed ostacoli enormi che non sono causati da loro e non ricevono il sostegno di cui hanno bisogno da un’architettura finanziaria internazionale obsoleta, inefficace e ingiusta”, ha spiegato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, rivolgendosi ai leader del G20 riuniti in Brasile. Guterres ha aggiunto: “la comunità globale si aspetta che il G20 realizzi le riforme necessarie”.  “Il G20 deve dare il buon esempio – ha detto ancora il capo dell’ONU – e cogliere ogni opportunità per guidare un’azione trasformativa per un mondo più sicuro, pacifico e sostenibile”.

 

Il Segretario Generale ha insistito nella sua preoccupazione per lo stato dei negoziati alla COP29: “Farò appello al senso di responsabilità di tutti i Paesi del G20. Ora è il momento di dare il buon esempio alle principali economie ed emittenti del mondo”. Per Guterres un risultato positivo è ancora a portata di mano, ma richiederà leadership e compromesso da parte del G20. Quindi ha avvertito che le attuali politiche climatiche dei paesi stanno spingendo il mondo verso un disastroso aumento della temperatura globale di 3,1 gradi Celsius entro la fine del secolo, quando l’obiettivo è di 1,5 gradi.

 

Le nazioni del G20 rappresentano l’80% delle emissioni globali e “devono portare avanti piani nazionali sul clima che seguano le linee guida concordate lo scorso anno: allineamento di 1,5 gradi, allineamento dell’intera economia e di tutti i gas serra”, ha affermato.

 

Arrivando Rio proveniente dalla conferenza delle Nazioni Unite sul clima COP29 in corso a Baku, Guterres ha sottolineato la necessità che i paesi  “corrano molto più velocemente per affrontare le sfide comuni fondamentali” come la crisi climatica, i conflitti violenti, la crescente impunità, la crescente disuguaglianza e lo stallo dei progressi nella lotta alla fame e alla povertà.

 

Inoltre, gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) sono andati fuori strada, le nuove tecnologie offrono un potenziale senza precedenti sia nel bene che nel male, e “la nostra incapacità di affrontare queste e altre sfide sta erodendo la fiducia delle persone nei governi e nelle istituzioni”.

 

Guterres ha ricordato che a settembre a New York gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno adottato il Patto per il futuro per contribuire a rafforzare il multilateralismo e portare avanti gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Guterres ha quindi affermato che “dobbiamo impegnarci per la pace” a Gaza, in Libano, in Ucraina e in Sudan. “Ovunque, la pace richiede azioni basate sui valori della Carta delle Nazioni Unite, sullo Stato di diritto e sui principi di sovranità, indipendenza politica e integrità territoriale degli Stati”, ha affermato.

 

Passando alla finanza, il Segretario generale ha sottolineato la situazione dei paesi vulnerabili che “si trovano ad affrontare enormi venti contrari e ostacoli che non sono causati da loro”. Non ricevono un sostegno adeguato dall’attuale architettura finanziaria internazionale, che ha descritto come “obsoleta, inefficace e ingiusta”. Ha affermato che il Patto per il futuro richiede riforme ambiziose per rendere il sistema più rappresentativo dell’economia globale di oggi e delle esigenze delle nazioni in via di sviluppo e vulnerabili. “Ciò include l’espansione della voce e della rappresentanza dei paesi in via di sviluppo nelle istituzioni finanziarie internazionali”, ha aggiunto.

 

Inoltre, il Patto richiede anche altre misure come l’aumento sostanziale della capacità di prestito delle banche multilaterali di sviluppo, la promozione di una cooperazione fiscale più inclusiva e l’esplorazione di tutte le forme di finanza innovativa.  “La comunità globale si aspetta che il G20 mantenga questi accordi”, ha affermato.

 

Il Segretario Generale ha inoltre evidenziato altre azioni necessarie, tra cui quella che i paesi sviluppati mantengano il loro impegno a raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento.  Ha anche sottolineato la necessità di combattere la disinformazione sul cambiamento climatico “che va dalla negazione totale al greenwashing fino alle molestie nei confronti degli scienziati climatici”. A questo proposito, l’ONU sta lanciando l’Iniziativa globale per l’integrità dell’informazione sui cambiamenti climatici insieme al Brasile e all’UNESCO, l’agenzia per l’istruzione e la scienza dell’Organizzazione.

 

Come ultimo punto, il Segretario generale ha sottolineato il Global Digital Compact adottato al Vertice del futuro delle Nazioni Unite. Comprende il primo accordo universale sulla governance dell’intelligenza artificiale (AI) “che riunisce tutti i paesi al tavolo”, ha affermato. Il patto richiede inoltre un gruppo scientifico internazionale indipendente sull’intelligenza artificiale, che avvii un dialogo globale sulla sua governance all’interno delle Nazioni Unite, e finanziamenti volontari innovativi in modo che i paesi in via di sviluppo possano sviluppare capacità di intelligenza artificiale.

 

Il Segretario generale ha osservato che, sebbene siano molte le sfide che il mondo deve affrontare, esistono anche molte soluzioni possibili e “il G20 deve dare l’esempio”. Ciò è fondamentale per ripristinare la fiducia, la credibilità e la legittimità di ogni governo e del nostro sistema globale negli attuali tempi turbolenti, ha affermato. “Dobbiamo cogliere ogni opportunità per guidare un’azione di trasformazione per un mondo più sicuro, più pacifico e sostenibile”, ha concluso Guterres.

 

di Simone D'Altavilla

 

Fonte https://lavocedinewyork.com/ambiente/2024/11/18/g20-rio-guterres-chiede-leadership-e-compromessi-su-conflitti-del-mondo-e-cop29/  

 

In 10 anni 146 disastri meteo, agricoltura in ginocchio

In Italia negli ultimi dieci anni, in particolare dal 2015 al 20 settembre 2024, sono stati registrati 146 eventi meteo estremi che hanno causato danni all'agricoltura, pari al 7,4% del totale degli eventi avvenuti nello stesso periodo in Italia.

 

Lo evidenzia il report Città Clima - speciale Agricoltura di Legambiente realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol - indicando che "preoccupa in particolare l'accelerata degli ultimi due anni 2023-2024, con 79 eventi meteo estremi con danni al settore, che è oltre la metà del totale registrato negli ultimi 10 anni.

Sei le regioni più colpite: Piemonte con 20 eventi, seguito da Emilia-Romagna (19), Puglia (17), Sicilia e Veneto (ciascuna con 14), Sardegna (11) con danni alle produzioni di frutta, ortaggi, mais, barbabietole, frutteti e vigneti che sono stati sradicati.

 

Fonte https://www.ansa.it/ansa2030/notizie/lavoro_formazione/2024/11/20/in-10-anni-146-disastri-meteo-agricoltura-in-ginocchio_e30b772d-da39-40b1-a1d5-90228adbfbe7.html

Rigenerazione urbana, il governo taglia un miliardo e 600 milioni

Le attività che vengono sintetizzate nel concetto di “rigenerazione urbana” sono fondamentali per recuperare le aree cittadine in disuso, riqualificare quelle degradate, aumentare complessivamente il potenziale degli spazi urbani. Si tratta di tutta una serie di misure volte a migliorare la vita dei cittadini e ad evitare il consumo di suolo, a valorizzare e incrementare le aree verdi, a tutelare la sostenibilità ambientale, a promuovere l’inclusione sociale e l’efficienza energetica degli edifici. Ebbene, il governo Meloni ha deciso di procedere con un massiccio taglio nei confronti delle politiche finalizzate a raggiungere tutti questi obiettivi. Una decisione criticata da forze di opposizione, associazioni e anche dall’Istituto nazionale di urbanistica (Inu), che punta il dito contro l’articolo 104 della manovra di bilancio varata nelle scorse settimane dal Consiglio dei ministri tra le critiche delle forze di opposizione e associazioni ambientaliste e ora in discussione in Parlamento. 

 

«Un miliardo e 600 milioni di tagli alla rigenerazione urbana è un grave errore del governo, che per giunta confligge con l’orientamento espresso dalla maggioranza di approvare una legge proprio sulla rigenerazione urbana», denuncia in una nota l’Inu richiamando anche il fatto che proprio in queste settimane Camera e Senato stanno discutendo un testo dedicato proprio a questo tema. «Rivolgiamo un appello all’esecutivo e al Parlamento per il ripristino delle risorse», è l’appello lanciato dall’Istituto nazionale di urbanistica 

 

Tra l’altro, l’Inu segnala una particolarità che rende il restringimento delle risorse a disposizione per le operazioni di recupero e riqualificazione ancora più dannoso, ovvero «il taglio lineare di 800 milioni ai cosiddetti PINQuA, i progetti del Programma innovativo per la qualità dell’abitare gestiti dal ministero delle Infrastrutture e realizzati dai Comuni che hanno firmato convenzioni con lo Stato aggiudicando appalti alle imprese». Qual è il problema? È presto detto: «I cantieri sono avviati e le imprese potrebbero rivalersi sui Comuni in caso di interruzione dei lavori per sopravvenuta mancanza di fondi. Un’altra grave conseguenza sarebbe il ritiro degli investimenti privati». Gli 800 milioni dei PINQuA, prosegue l’Istituto nazionale di urbanistica, vengono poi tagliati a fronte di anticipazioni sul Pnrr che il governo ha già acquisito dall’Unione europea: «Dall’inserimento in Pnrr i PINQuA derivano quindi l’obbligo di conclusione nel 2026, ma come si farà a ultimarli se si tagliano i finanziamenti? E se non si ultimano, come si giustificherà in sede europea il mancato raggiungimento degli obiettivi?».

 

L’Inu segnala anche quali sono gli altri 800 milioni tagliati: sono quelli del Programma periferie degradate. «Anche in questo caso le convenzioni sono firmate, gli appalti avviati e i contributi dei privati attivi».

 

Ecco perché l’Istituto rivolge un appello a governo e Parlamento per il ripristino dei fondi per la rigenerazione urbana: «Per ragioni tecniche ma anche perché si tratta di risorse che vanno a beneficio della qualità di vita nelle nostre città. Servono in primo luogo ai cittadini che hanno diritto a spazi pubblici più salubri, a infrastrutture rinnovate, a servizi più efficienti. È tra l’altro quanto meno paradossale che le risorse vengano cancellate proprio nella fase in cui emerge la volontà politica di condurre in porto la legge sulla rigenerazione urbana, che rischia così di trasformarsi in un mero spot, per giunta infelice». 

 

Fonte https://www.greenreport.it/news/territorio-e-smart-city/3854-rigenerazione-urbana-il-governo-taglia-un-miliardo-e-600-milioni-linu-grave-errore-ci-ripensi

Trattato globale sulla plastica, pubblicato il terzo documento informale

L’ambasciatore Luis Vayas Valdivieso dell’Ecuador, presidente del Comitato intergovernativo di negoziazione per lo sviluppo di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante (ILBI) sull’inquinamento da plastica, ha pubblicato a fine ottobre il suo terzo documento informale (non-paper) proponendolo come base per l’ultimo ciclo di negoziazioni sul Trattato globale sulla plastica (INC-5) che inizieranno a Busan, in Corea del Sud, il 25 novembre.

Questo documento di 18 pagine, il primo nel processo di negoziazione che intitola le disposizioni come “Articoli” indicandone 31 e suggerendone un possibile testo, è stato prodotto da Vayas Valdivieso sotto la propria autorità, con l’intenzione di semplificare la Bozza zero rivista, cioè il documento ufficiale UNEP/PP/INC.5/4 prodotto durante il quarto ciclo di negoziati INC-4 che si era tenuto a Ottawa, Canada, nell’aprile 2024 ed era stato caratterizzato da ostruzionismo e disinformazione.

La Bozza zero rivista è composta da 73 pagine e oltre 3.000 parentesi, con moltissimi dettagli tecnici e giuridici che riflettono le grandi divergenze tra i paesi della High Ambition Coalition e il gruppo dei like-minded countries. Data la sua complessità, la Bozza zero rivista è giudicata inutilizzabile per far avanzare le negoziazioni, tanto da far pensare che basandosi su di essa non sia possibile concludere un accordo finale a INC-5, cioè negli ultimi 7 giorni di negoziati.

Focalizzazione delle discussioni

Secondo il programma dei lavori proposto da Vayas Valdivieso, le attività di INC-5 sarebbero organizzate attorni a quattro gruppi di contatto che utilizzerebbero il suo documento informale per negoziare il testo finale del trattato (GC1️ Prodotti di plastica e sostanze chimiche problematiche; GC2️ Gestione dei rifiuti di plastica; GC3️ Finanza, trasferimento di tecnologia e cooperazione internazionale; GC4️ Attuazione del trattato, piani nazionali, e monitoraggio dei progressi). Tramite questa proposta, Vayas Valdivieso sembra voler provare a limitare le operazioni di sabotaggio da parte dei paesi maggiori estrattori di fonti fossili e dell’industria e focalizzare l’attenzione attorno alle priorità necessarie per concludere un accordo.

Tuttavia, anche se molti concordano che la Bozza zero rivista sia un punto di partenza impraticabile, non è detto che il documento informale sarà accettato come base per le negoziazioni. Infatti, secondo alcuni membri della High Ambition Coalition, i termini del documento informale sono così deboli che "dubitiamo che valga la pena fare questo accordo".

Il nodo della produzione

La preoccupazione principale è la sezione del documento informale sulla produzione: “Non sto proponendo un testo per questo articolo. Propongo che l’INC-5 concordi su un testo che includa un processo per colmare le attuali lacune informative riguardanti i livelli di produzione esistenti e necessari, nonché la mancanza di chiarezza sull’efficienza e l’efficacia nel recupero dei polimeri plastici”, scrive Vayas Valdivieso, ammettendo di fatto che le posizioni sulla questione rimangono troppo distanti.

Secondo quanto riportato dall’AFP, il WWF ha avvertito che il testo necessita di un "miglioramento significativo del livello di ambizione", comprese misure vincolanti sulle sostanze chimiche pericolose e sulla progettazione dei prodotti, mentre Graham Forbes, leader globale del progetto sulla plastica per il gruppo ambientalista Greenpeace, ha detto che "tutti sanno che l'unico modo per porre fine all'inquinamento da plastica è smettere di produrne così tanta".

Una negoziazione tecnica che ha bisogno della politica

"Crediamo che sia importante alzare il livello [di ambizione] del documento informale. Altrimenti non siamo d’accordo", ha dichiarato all’AFP la ministra francese della transizione ecologica, dell’energia e del clima Agnes Pannier-Runacher in Colombia a margine della COP16 sulla Biodiversità. E ha poi aggiunto: "Anche se diventiamo paladini del riciclo e della raccolta dei rifiuti, non risolveremo il problema dell'inquinamento da plastica se non riduciamo l'uso e la produzione di plastica vergine". Una condizione necessaria secondo dati scientifici indipendenti.

Secondo quanto riportato da Contexte, la Francia avrebbe approfittato della sua partecipazione alla COP16 Biodiversità per chiedere alla Corea del Sud di invitare i ministri dei paesi membri a INC-5. A oggi, infatti, né Seoul né il Comitato intergovernativo di negoziazione né il Programma ambientale delle Nazioni Unite hanno invitato i ministri a partecipare a INC-5. Senza i rappresentati politici i negoziatori sono limitati dal proprio mandato, mentre i politici possono mostrare molta più flessibilità.

L'assenza di invito lascia ogni paese libero di inviare o meno un membro del governo e non tutti i paesi sono favorevoli alla visita dei propri ministri, a volte per ragioni finanziarie. Da segnalare che Busan arriva dopo Cali (dove è finita il 2 novembre la COP16 Biodiversità) e Baku (dove si svolgerà dall'11 al 22 novembre la COP29 Clima).

di Tosca Ballerini

Fonte https://www.renewablematter.eu/trattato-globale-sulla-plastica-pubblicato-il-terzo-documento-informale