Terna, piano decennale di sviluppo della rete da oltre 21 mld di euro

Terna ha varato un Piano decennale di sviluppo della rete da oltre 21 mld di euro (+17%) e piú della metá degli investimenti andranno a favorire lo sviluppo delle rinnovabili. La principale novitá introdotta, infatti, è la rete Hypergrid, che sfrutterà le tecnologie della trasmissione dell'energia in corrente continua (HVDC, High Voltage Direct Current) per raggiungere gli obiettivi di transizione e sicurezza energetica. In aggiunta agli interventi di sviluppo già previsti, Terna ha pianificato cinque nuove dorsali elettriche, funzionali all'integrazione di capacità rinnovabile, per un valore complessivo di circa 11 mld.

 

Si tratta di un'imponente operazione di ammodernamento di elettrodotti giá esistenti sulle dorsali Tirrenica e Adriatica della penisola e verso le isole, che prevede nuovi collegamenti sottomarini a 500 kV, un elemento, quest'ultimo, che rappresenta una novitá assoluta per l'azienda.

Con Hypergrid sará possibile raddoppiare la capacitá di scambio tra zone di mercato, passando dagli attuali 16 GW a oltre 30 GW. In aggiunta, lo sviluppo delle dorsali in corrente continua consentirá diminimizzare il consumo di suolo e l'impatto sul territorio. Calcolando l'intera vita delle oltre 30 opere inserite in questo Piano di Sviluppo, al di lá dell'orizzonte decennale, l'ammontare complessivo degli investimenti supererà i 30 mld di euro.

 

"Gli investimenti inseriti nel Piano di Sviluppo 2023 sono i piú alti mai previsti da Terna e consentiranno di abilitare in maniera determinante la transizione energetica e il conseguimento degli obiettivi che l'Europa e l'Italia si sono dati", dichiara l'ad Stefano Donnarumma, aggiungendo che "mai come oggi, in un contesto particolarmente sfidante, è necessario uno sforzo di programmazione di lungo periodo, un coordinamento fra le istituzioni che consenta all'Italia di cogliere tutte le opportunità che la transizione porta con sè. Le fonti rinnovabili rappresentano il nostro petrolio: abilitarne la diffusione e l'integrazione fa parte della nostra missione di registi del sistema elettrico e sará determinante per la sicurezza energetica del nostro Paese". Secondo i dati Terna, a gennaio 2023 le richieste di connessione alla rete di alta tensione di nuovi impianti di generazione da fonte rinnovabile hanno raggiunto circa 340 GW, di cui circa il 37% da fonte solare e circa il 54% da fonte eolica (on-shore e off-shore), un valore pari a circa 5 volte gli obiettivi che l'Italia si è data al 2030.

 

Fonte https://www.italiaoggi.it/news/terna-piano-decennale-di-sviluppo-della-rete-da-oltre-21-mld-di-euro-202303151208173743

Il 61% dei suoli dell’Unione europea è in uno stato malsano

Le principali caratteristiche del nuovo  soil health dashboard  sono un dataset sul suolo armonizzato a livello di Unione europea e una nuova metodologia, Si tratta di  un nuovo strumento dell’ EU Soil Observatory (EUSO) sviluppato e gestito dal Joint Research Centre (JRC) che supporta l’imminente proposta della Commissione europea per una legge sulla salute del suolo e gli indicatori proposti dalla Soil Mission del programma di ricerca e innovazione dell’Ue Horizon Europe.

Al JRC spiegano che «Questa proposta fa parte della strategia dell’Ue per il suolo per il 2030. Il suo scopo è quello di specificare le condizioni per un suolo sano, determinare le opzioni per il monitoraggio del suolo e stabilire regole favorevoli all’utilizzo e al ripristino sostenibili del suolo».

Per la prima volta è così possibile visualizzare lo stato di salute del suolo in tutta l’Ue e il risultato è abbastanza scioccante: uno sbalorditivo 61% dei suoli dell’Ue si trova in uno stato malsano e al JRC avvertono che « Questa cifra è una sottostima dell’effettiva portata del degrado del suolo, data la riconosciuta mancanza di dati su molti altri problemi di degrado del suolo, come la contaminazione del suolo».

Il valore attuale è in linea con la valutazione principale effettuata per l’istituzione di una Soil Mission, secondo la quale «Il 60-70% dei suoli d’Europa era in uno stato malsano. I tipi più diffusi di degrado del suolo sembrano essere la perdita di carbonio organico del suolo (48%), la perdita di biodiversità del suolo (37,5%) e l’erosione del suolo da parte dell’acqua (32%)».

Inoltre, il  soil health dashboard  mostra che la maggior parte dei suoli malsani è soggetta a più di un tipo di degrado del suolo.

Il dashboard EUSO sulla salute del suolo si basa su una serie di 15 indicatori dei processi di degrado del suolo che coprono:  erosione del suolo, inquinamento del suolo, nutrienti, perdita di carbonio organico del suolo, perdita di biodiversità del suolo, compattazione del suolo, salinizzazione del suolo, perdita di suoli organici e impermeabilizzazione del suolo. Ma il team EUSO presso il JRC fa notare che «In pratica, tuttavia, gli indicatori coprono solo un sottoinsieme dei processi di degrado che interessano i suoli. Speriamo che il dashboard metta in luce le attuali lacune nei dati sul suolo, al fine di guidare una migliore condivisione dei dati e una ricerca mirata».

Una novità del dashboard EUSO e l’utilizzo dell’approccio della convergenza delle prove, che combina spazialmente i dataset per evidenziare l’intensità e la posizione dei processi di degrado del suolo. «La mappa che ne è risultata – dicono al JRC – mostra, per la prima volta, dove convergono le prove scientifiche per indicare le aree che potrebbero essere interessate dal degrado del suolo. In altre parole, fornisce un’indicazione di dove possono trovarsi suoli malsani nell’Ue. Questo  è stato reso possibile utilizzando dataset armonizzati a livello Ue, la maggior parte dei quali sono stati sviluppati dal JRC e provenienti dall’ESDAC, l’European Soil Data Centre da lungo tempo operativo, ma anche dall’European Environment Agency e da altre istituzioni. Con il  tempo, altri dati verranno aggiunti da fonti diverse».

Un’altra novità è la fissazione di valori soglia per determinare quando i suoli possono essere considerati sani o insalubri. Al JRC spiegano ancora che «Sulla base di una combinazione di stime scientifiche e limiti critici stabiliti, sono state fissate soglie per ogni processo di degrado del suolo. Rappresentano una stima del punto oltre il quale la maggior parte dei suoli può ragionevolmente essere considerata vulnerabile a un determinato processo. Data l’ampia gamma di tipi di suolo, alcune di queste soglie a livello Ue possono comportare grandi incertezze. In futuro, l’accuratezza della mappa del dashboard EUSO verrà migliorata applicando soglie basate a livello locale o offrendo agli utenti la possibilità di creare mappe basate sulle soglie che ritengono più appropriate. Il dashboard EUSO sulla salute del suolo presenta anche l’area di sovrapposizione osservata tra le coppie dei 15 processi di degrado del suolo, evidenziando le associazioni tipiche. Infine, statistiche e mappe vengono presentate per ciascun indicatore attraverso un display interattivo in cui gli utenti possono selezionare il degrado del suolo e la scala a cui sono interessati».

La serie di indicatori, insieme alle soglie che determinano lo stato di salute del suolo, si evolverà in base all’attuazione della prossima legislazione dell’Ue sulla salute del suolo, agli sviluppi scientifici (ad esempio i progetti Soil Mission di Horizon Europe) e al miglioramento dei flussi di dati provenienti dai Paesi Ue. Ulteriori elementi saranno sviluppati per riflettere l’attuazione di strategie politiche e normative specifiche, ad esempio la strategia per il suolo, il piano d’azione per l’inquinamento zero, la strategia per la biodiversità, la strategia farm to forke gli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Fonte https://greenreport.it/news/inquinamenti/il-61-dei-suoli-dellunione-europea-e-in-uno-stato-malsano/

Rinnovabili, Pichetto punta a 12-14 GW di autorizzazioni all’anno

“L’Italia ha il dovere di andare verso un modello di ‘hub elettrico’. La programmazione nazionale sarà rivista con il Piano Nazionale Integrato Clima-Energia, per arrivare più avanti ad autorizzare dai 12 fino a 14 gigawatt l’anno di capacità rinnovabile, dall’attuale impegno di circa sette. Gli indicatori ci dicono che è un obiettivo raggiungibile”.

Ieri, 15 marzo, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto, intervenendo alla conferenza stampa di presentazione del Piano di Sviluppo 2023 di Terna ha parlato della revisione del Pniec, attesissima dopo che il documento è stato reso obsoleto dai nuovi obiettivi adottati dall’Ue.

Il governo, ha dichiarato Pichetto, si impegna a consegnare la proposta di revisione del Pniec “entro il prossimo 30 giugno”.

Per il titolare del Mase, il target di 70 GW di rinnovabili al 2030 “va confermato” anche attraverso una rete elettrica sempre più efficiente, e grazie ad interventi che vadano nella direzione di spinta verso le rinnovabili e i sistemi di accumulo.

“Ora – ha chiarito – abbiamo domande per 300 gigawatt e c’è ancora tutto un percorso da portare avanti sul decreto per l’individuazione delle aree idonee, rispetto alle quali stiamo cercando di accelerare per un accordo con il sistema delle Regioni”.

Per la precisione, Terna ha reso noto che a gennaio 2023, le richieste di connessione alla rete di alta tensione di nuovi impianti a fonti rinnovabili hanno raggiunto circa 340 GW, di cui circa il 37% da solare e circa il 54% da eolico.

Nell’evento di ieri, come abbiamo riportato, Terna ha annunciato investimenti per oltre 21 miliardi di euro complessivi nei prossimi dieci anni, il 17% in più rispetto al piano precedente, di cui ben 11 miliardi – quindi oltre metà della cifra totale – per cinque dorsali elettriche necessarie per aumentare la capacità rinnovabile, nell’ambito della rete Hypergrid.

Fonte https://www.qualenergia.it/articoli/rinnovabili-pichetto-punta-12-14-gw-autorizzazioni-anno/

Net-Zero Industry Act, per rendere l’UE la patria della produzione di tecnologie pulite

Il Net-Zero Industry Act […] creerà le migliori condizioni per quei settori cruciali al raggiungimento delle zero emissioni nette entro il 2050. Tecnologie come turbine eoliche, pompe di calore, pannelli solari, idrogeno rinnovabile e stoccaggio della CO2″. Con poche e semplici parole la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen ha presentato stamane l’attesa legge sull’industria a zero emissioni, uno dei provvedimenti annunciati per migliorare la competitività della produzione comunitaria di tecnologie pulite

Alla ricerca di una nuova competitività

Tra lo storico dominio della Cina sulle principali filiere del greentech e i generosi investimenti USA per far crescere la propria industria verde tramite l’IRA, la transizione energetica europea si è trovata a dover fare i conti con più di una minaccia. Ecco perché l’Esecutivo ha deciso di elaborare delle contromisure che permettano al Blocco di perseguire i target di decarbonizzazione puntando su risorse interne. Con l’obiettivo di garantire che almeno il 40% del fabbisogno annuo di tecnologie e beni strategici della transizione siano prodotti nell’UE entro il 2030“La domanda europea e mondiale [di green tech] sta crescendo” ha spiegato von der Leyen. “E noi ci stiamo muovendo per assicurarci di poter soddisfare una parte maggiore di questa domanda con l’offerta interna”. 

Il Net-Zero Industry Act è seconda di queste contromisure, dopo il Regolamento sulle materie prime critiche. La legge sostiene in particolare otto macro campi tecnologici definiti “strategici” per le zero emissioni:

  • fotovoltaico e solare termico;
  • eolico onshore e energie rinnovabili offshore;
  • batterie e accumulatori;
  • pompe di calore e geotermia;
  • elettrolizzatori e celle a combustibile;
  • biogas/biometano;
  • cattura e stoccaggio del carbonio (CCS);
  • tecnologie di rete.

Ma in misura diversa rientrano anche le tecnologie per i combustibili alternativi e quelle per la produzione di energia nucleare.

Net-Zero Industry Act, cosa prevede la legge sull’industria delle zero emissioni

Una delle grandi novità del provvedimento è l’istituzione di procedure di autorizzazione semplificate. Il Net-Zero Industry Act richiede agli Stati membri di istituire sportelli unici che fungano da punti di contatto per i promotori dei progetti. Inoltre stabilisce nuovi limiti di tempo per la concessione di permessi:

  • 12 mesi per impianti e fabbriche di tecnologie pulite con una capacità produttiva annua inferiore a 1 GW; 18 mesi per quelli superiori;
  • 9 mesi per progetti definiti “strategici” (le cui tecnologie rientrano in un preciso elenco) se la capacità produttiva annua è inferiore a 1 GW; 12 mesi se è superiore

E tutte le procedure saranno rigorosamente solo digitali.

La legge propone anche di istituire sandbox normativi per testare le tecnologie zero emissioni innovative in modo controllato per un periodo di tempo limitato. Questo significa poter adottare regimi normativi eccezionali e temporanei che ne facilitino sviluppo, sperimentazione e convalida. Riservando alle piccole e medie imprese un accesso prioritario.

Nel testo fa capolino anche un obiettivo a livello dell’UE per la cattura della CO2. Nel dettaglio la Commissione propone di raggiungere una capacità di stoccaggio annuale del carbonio di 50 milioni di tonnellate entro il 2030.

Fonte https://www.rinnovabili.it/economia-circolare/ecodesign/diritto-alla-riparazione-consumatori-norme-ue/

Siccità, servono 6 miliardi di euro di investimenti

La siccità attanaglia l’Italia, non piove e non nevica

I prossimi due mesi saranno cruciali per evitare il peggio. È questo il giudizio degli scienziati, degli esperti di meteorologia e di climatologia sul lungo periodo siccitoso che abbiamo vissuto fino ad oggi. Il 2022 è stato un anno drammatico per la mancanza di precipitazioni piovose e nevose su tutto il Paese e il 2023 è iniziato anche peggio.

È piovuto mediamente il 40% in meno nell’ultimo anno in Italia e peggio è andata per la neve, perché ne è caduta il 60% in meno sull’Arco alpino, con effetti pesantissimi sulla disponibilità di acqua pubblica, sull’economia dei territori, sul livello delle falde e sul benessere dell’ecosistema tutto.

Secondo i dati forniti dall’Arpa Lombardia, è stato rilevato il 56% in meno di risorse idriche rispetto a quelle mediamente attese in questo periodo negli anni passati, a livello regionale e dell’area di Milano, mentre mancano quasi 2 miliardi di metri cubi d’acqua rispetto alla media del periodo 2006-2020.

Per l’Arpa Piemonte il dato è ancora peggiore, a febbraio 2023 è caduta l’80% di pioggia in meno rispetto alla media regionale per il periodo.

Prossimi due mesi cruciali per uscire dalla siccità

Dovrebbe piovere in maniera costante e moderata per 50 giorni per riuscire a risanare il deficit del Nord Italia, hanno spiegato i ricercatori del Cnr.

Intorno alla questione idrica ruotano molti settori chiave: l’agricoltura, l’ambiente, il turismo, l’industria. “se da qui a 60 giorni non vi dovesse essere un periodo particolarmente piovoso soprattutto a monte, la situazione potrebbe rivelarsi molto grave”, hanno spiegato dall’ODAF (Ordine dei dottori Agronomi e Forestali di Milano), aggiungendo che se la situazione non cambierà “non vi sarà acqua per tutti e la politica è chiamata a fare delle scelte per far fronte alla siccità perdurante”.

Le previsioni meteo al momento non sono favorevoli ad un cambiamento di scenario. I modelli matematici non riescono ad intravedere un rovesciamento del trend siccitoso e l’unica speranza è nel fenomeno stagionale del surriscaldamento della stratosfera, che generalmente è causa di passaggi perturbati nel Mediterraneo centrale. Non resta che sperare in una primavera più piovosa. Sul caldo invece non ci sono dubbi: i prossimi mesi saranno mediamente più caldi del normale di 1-1,5°C su tutto il territorio nazionale. Se non pioverà abbastanza, il caldo unito alla siccità potrebbe farci vivere un’estate di emergenze, tra mancanza di acqua, incendi e ondate di calore straordinarie.

Al settore idrico nazionale servono 1,3 miliardi di euro di investimenti l’anno fino al 2026

Secondo le ultime stime di Utilitalia, “di fronte alle nuove sfide poste dagli effetti dei cambiamenti climatici, per coprire il fabbisogno annuo di investimenti del settore idrico – stimato in circa 6 miliardi di euro – servono risorse aggiuntive per 1,3 miliardi di euro l’anno fino al 2026”.

Attualmente, infatti, le risorse si attestano sui 4,7 miliardi di euro annui – si legge nel commento dell’Associazione – 4 dei quali derivanti dagli investimenti da tariffa e 0,7 dal Pnrr, che ha un orizzonte temporale al 2026: dopo quell’anno, se non venissero nel frattempo incrementati gli investimenti da tariffa o altra fonte, le risorse aggiuntive necessarie passerebbero da 1,3 a 2 miliardi di euro l’anno”.

Le proposte per azioni immediate

Le azioni suggerite sono le seguenti:

  • nell’immediato, si dovrebbe favorire il riuso efficiente delle acque reflue depurate, una soluzione che dovrebbe diventare strutturale, laddove economicamente sostenibile anche a fronte di un’analisi costi-benefici rispetto ad altre soluzioni praticabili nel contesto di riferimento: si tratta di un potenziale enorme che in Italia viene sfruttato solo per il 4% a fronte di una potenzialità del 23%;
  • contrastare il cuneo salino: uno degli effetti più gravi della siccità è infatti la progressiva salinizzazione della falda e delle acque di transizione, che rende le acque emunte inutilizzabili a fini potabili e agricoli. In quest’ottica, sarà necessario sostenere i livelli idrici necessari al contrasto del cuneo salino anche praticando l’aumento dei volumi di falda;
  • concentrarsi sull’opportunità di diversificare la strategia di approvvigionamento.

La strada della dissalazione è praticabile, ma non facile: “in Italia le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1% delle fonti di approvvigionamento idrico (pari a 11,1 milioni di metri cubi) contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna. Si chiede di modificare o abrogare l’art.12 della legge 60/2022 (Salvamare) che aumenta i tempi e la complessità degli iter autorizzativi per gli impianti di dissalazione”.

Cosa fare nel lungo periodo?

Sul medio periodo, invece, si suggerisce di rafforzare il ruolo di pianificazione e governance dei distretti idrografici: “il ruolo dei sette distretti idrografici è fondamentale nella governance interregionale della risorsa idrica, soprattutto nella gestione delle fasi particolarmente siccitose. Si dovrà puntare inoltre a semplificare la realizzazione degli investimenti – si legge nel commento di Utilitalia – dal momento che in Italia le procedure autorizzative occupano quasi il 54% del tempo necessario per la realizzazione di un’opera infrastrutturale”.

Nel lungo periodo bisognerebbe infine puntare a promuovere l’uso efficiente dell’acqua: “efficientare ed ottimizzare l’utilizzo della risorsa da parte dei settori idroesigenti è la prima forma di tutela della risorsa idrica da perseguire”.

Diverse anche qui le misure proposte:

  • accelerare nella riduzione delle perdite nel sistema idropotabile;
  • introdurre meccanismi di incentivazione economica al risparmio, quali “certificati blu” in analogia ai “certificati bianchi” nell’energia elettrica;
  • istituire la Giornata nazionale del risparmio Idrico e dell’uso razionale dell’acqua, affiancandola alla Giornata mondiale dell’acqua (22 marzo);
  • realizzare opere infrastrutturali strategiche, perché la realizzazione di invasi e l’interconnessione delle reti idriche garantirà una pluralità di fonti per prevenire le emergenze future;
  • promuovere una pianificazione integrata per la realizzazione delle opere infrastrutturali necessarie a partire dal Piano Nazionale per gli investimenti del settore idrico;
  • realizzare grandi invasi ad uso plurimo, invasi di piccole e medie dimensioni ad uso irriguo e interconnessioni delle reti.

Il Governo muove i primi timidi passi

Non resta che attendere le prossime mosse del Governo. Al momento c’è stato un tavolo a Palazzo Chigi sulla crisi idrica, presieduto dal Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Tra le misure definite:

  • una Cabina di regia tra tutti i ministeri interessati per definire un piano idrico straordinario nazionale d’intesa con le Regioni e gli Enti territoriali per individuare le priorità di intervento e la loro adeguata programmazione, anche utilizzando nuove tecnologie;
  • un prossimo provvedimento normativo urgente che contenga le necessarie semplificazioni e deroghe e accelerando i lavori essenziali per fronteggiare la siccità;
  • nominare un Commissario straordinario.

di Flavio Fabbri 

 

Fonte https://www.key4biz.it/siccita-servono-6-miliardi-di-euro-di-investimenti-in-italia-entro-il-2026-in-lombardia-mancano-2-miliardi-di-metri-cubi-dacqua/439167/#:~:text=Secondo%20le%20ultime%20stime%20di,anno%20fino%20al%202026%E2%80%9D

Amazzonia, persi 5 milioni di ettari di foresta in cinque anni

Oltre 5 milioni di ettari di foresta amazzonica sono andati perduti tra gennaio 2017 e novembre 2021, l’equivalente dell’intero Costa Rica: lo documentano miliardi di immagini radar acquisite dai satelliti Sentinel-1 di Copernicus, il programma di osservazione della Terra di Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione europea. È ormai dal 2015 che la missione Sentinel-1 permette di monitorare con una regolarità senza precedenti la salute delle foreste tropicali di tutto il mondo: milioni di gigabyte di dati vengono acquisiti giorno e notte, anche in presenza di nubi, nebbia, fumo o aerosol, permettendo così di avere aggiornamenti sulla deforestazione ogni 6-12 giorni con una risoluzione di 20 metri. Grazie al progetto scientifico «Sentinel-1 for Science: Amazonas» coordinato dall’Esa, oltre 450 terabyte di dati sono stati rielaborati ottenendo un data cube, ovvero una struttura di dati multidimensionale che contiene informazioni statistiche rilevanti per identificare la deforestazione (leggi anche: Brasile, deforestazione 2022 record in Amazzonia: persa un’area pari a 3mila campi calcio al giorno).

 

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L’Amazzonia ha sofferto nel 2022 con il quinto record annuale consecutivo di deforestazione, secondo il monitoraggio satellitare realizzato da Imazon. Tra gennaio e dicembre sono stati devastati 10.573 km², la più grande distruzione in 15 anni, da quando l’istituto di ricerca ha iniziato a monitorare la regione, nel 2008. Cio equivale alla demolizione di quasi 3mila campi da calcio al giorno di foresta. Nell’infografica GEA i dati forniti da Imazon.

 

Grazie a questo approccio è stata condotta un’analisi dinamica della deforestazione dell’Amazzonia, con una mappa che indica la perdita di oltre 5,2 milioni di ettari in meno di cinque anni. «Quello che stiamo vedendo dallo spazio è oltre un milione di ettari di foreste umide tropicali che scompaiono ogni anno nel bacino amazzonico, con l’anno peggiore che è il 2021 in Brasile. D’ora in poi possiamo tenere traccia di queste perdite e riferirle in modo trasparente e coerente ogni 12 giorni», commenta l’esperta Neha Hunka della compagnia Gisat che collabora al progetto. Il prossimo obiettivo sarà quello di quantificare la perdita di carbonio sulla base delle variazioni della copertura del suolo, in collaborazione con il team Climate Change Initiative dell’Esa.