Il ruolo della società civile nella lotta ai cambiamenti climatici

 

1,5: questa cifra non è solo un numero, ma un obiettivo che ci accompagnerà per i prossimi anni. 1,5 è l’impegno concordato alla COP21, il limite fissato al rialzo della temperatura globale. Più cresce la temperatura della terra, più gli effetti del riscaldamento globale sono devastanti: l’aumento anche di soli pochi gradi può causare danni gravissimi, sia ambientali che socio-economici e sanitari. Le aree più vulnerabili che risentiranno maggiormente dell’impatto del cambiamento climatico, sono paradossalmente quelle che contribuiscono meno al surriscaldamento del pianeta.

 

Raggiungere il traguardo di 1,5° è quindi necessario dal momento che la terra è una sola, limitata sia per quanto riguarda la quantità delle risorse, sia per quanto riguarda la capacità di assorbimento di co2 da parte del nostro pianeta. L’impegno dei paesi firmatari della COP21 non sarà però vincolante fino al 2020, questione che lascia perplessità sull’effettiva riuscita di questo risultato.

 

È urgente cambiare il sistema, partendo dal ripensamento dei propri stili di vita e degli schemi con cui solitamente pensiamo alla realtà. Per ottenere questo risultato ci vuole l’impegno non solo dei governi, ma anche della società civile, in quanto cambiare il sistema significa lavorare sulla conversione ecologica in tutti i campi, partendo da quello dei servizi, dell’economia, dell’agricoltura, dei sistemi produttivi fino ad arrivare a un ripensamento degli stili di vita. In questo modo il cambiamento si estende a tutti gli aspetti del quotidiano, unendo sia la sfera del personale che quella del sociale.

 

Un primo passo per raggiungere questo obiettivo è la valutazione del proprio ruolo, il proprio impatto ambientale: capire e iniziare a tentare di gestire le nostre emissioni (riducendole o compensandole, come nel caso del progetto COSPE in Angola) significa farsi carico di quello che consumiamo, dei costi socio-economici e ambientali che facciamo pagare al nostro pianeta. Per questo COSPE ha promosso un seminario di formazione interna, tenuto da Paolo Viganò di Rete Clima, teso a sensibilizzare i collaboratori di COSPE su queste tematiche, per progettare insieme un percorso di buone pratiche.

 

Durante questa occasione si è avvertita l’importanza di affiancare alla valutazione del proprio impatto ambientale, in vista di un una nuova programmazione di riduzione delle emissioni di carbonio e una miglior gestione delle proprie risorse, una buona campagna di sensibilizzazione e comunicazione.

 

Un’efficace comunicazione è fondamentale affinché le buone pratiche si diffondano nei territori e gli sforzi per rendere più virtuosi i propri stili di vita non siano casi isolati rispetto al resto della comunità.

 

Nonostante attualmente si assista a una maggiore sensibilità sulle tematiche ecologiche, a lungo i pregiudizi sugli attivisti, bollati come soggetti “anti-progresso”, e la disinformazione sulle tematiche climatiche hanno indebolito le campagne ambientaliste. Imparare a comunicare bene e in maniera efficace, tenere alto l’interesse sul riscaldamento globale, diffondere buone pratiche ed esempi virtuosi risulta un passo fondamentale per un’ottica differente, che porti a un vero cambiamento del sistema.

 

di Elena De Zan (Cospe) per greenreport.it

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