Wef: raggiunto il punto di non ritorno delle energie rinnovabili, costano meno delle fossili

Secondo il rapporto “Renewable Infrastructure Investment Handbook: A Guide for Institutional Investors” pubblicato recentemente  dal World economic forum, la produzione di energia verde ha raggiunto un punto di svolta», questo grazie al fatto che «il costo di produzione dell’energia attraverso fonti solari ed eoliche è sceso fino al punto di essere competitivo rispetto al carbone e il gas naturale, un cambiamento di paradigma che dovrebbe attirare gli investitori a livello mondiale verso il settore delle rinnovabili».

 

Il manuale del Wef ha analizzato i dati provenienti da Open Energy Information, Bloomberg New Energy Finance, S & P Index, United Nations environmental programme (Unep) e da altre fonti, sull’efficienza e i rendimenti degli investimenti nelle energie rinnovabili e ha analizzato sia gli investimenti globali nelle rinnovabili che i casi specifici di alcuni investitori istituzionali.

 

Michael Drexler, a capo del Long term investing, infrastructure and development del Wef, spiega che «L’energia rinnovabile ha raggiunto un punto di non ritorno: costituisce ormai la migliore possibilità di invertire il riscaldamento globale. Solare ed eolica sono appena diventati molto competitivi e i costi continuano a calare. Non sono solo un’opzione commercialmente valida, ma un’opportunità di investimento a titolo definitivo convincente a lungo termine, con rendimenti stabili protetti dall’inflazione».

 

Il rapporto Wef sottolinea che il  costo della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è ora pari o inferiore a quello di carbone e del gas  e  che «Soli 10 anni fa, i costi del solare erano a circa 600 dollari/ MWh, molto al di sopra delle diffuse fonti  di carbone e gas naturale  a 100 dollari/ MWh. Tuttavia, i costi del solare si erano dimezzati cinque anni più tardi e sono calati di nuovo fino ai circa 100 dollari/MWh di oggi. i costi dell’eolico  sono a circa 50dollari/ MWh».

 

Il Wef evienzia che questo tipping point  è stato reso possibile in gran parte grazie alla maggiore efficienza raggiunta delle rinnovabli: «L’efficienza di un pannello solare è balzata dal 15% al 22%, le cellule utilizzate nella ricerca hanno raggiunto il 46%, mentre l’efficienza delle turbine eoliche è cresciuto dal 25% al 50%. Insieme alle economie di scala, dal 2009 i costi di pannelli solari sono calati dell’80%, mentre i costi delle turbine eoliche sono scesi del 30% in 3 anni».

 

I risultati di questa svolta epocale sono già evidenti sul mercato e il rapporto Wef fa alcuni esempi:

 

Secondo l’Unep, nel 2015 gli investimenti nell’energia rinnovabile hanno superato per la prima volta quelli nelle fonti convenzionali: sono stati 285,9 miliardi di dollari, con un aumento del 5% rispetto ai di 273 miliardi di dollari del 2014. Bloomberg New Energy Finance spiega a sua volta che si tratta del  53,6% della nuova capacità totale aggiunta in tutto il mondo nel 2015.

 

Gli investimenti nelle energie rinnovabili avvengono in tutto il mondo, ma è l’Asia ad investire di più. Negli anni precedenti c’era stata una crescita delle rinnovabili a livello globale, con due terzi degli investimenti  nell’Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) e nelle Americhe, ma la imponente crescita degli ultimi proviene soprattutto dall’Apac (Asia-Pacifico) che comprende grandi Paesi come la Cina. Attualmente la metà deli investimenti nelle rinnovabili avviene d nei Paesi Apac.

 

Il rapporto ha anche esaminato i rendimenti delle obbligazioni e azioni e confermano la svolta energetica ed economica in atto: i Purely green projects hanno funzionato molto meglio dei commonly-quoted green bond indices la cui composizione è spesso distorta dall’inclusione di una vasta gamma di aziende e progetti, una pratica nota come “green-washing”. Ad esempio, lo S&P Green Bond Index si è aggirato intorno al -0,5% all’anno negli ultimi 3 anni, mentre il più appropriato S & P Project Green Bond Index si è aggirato vicino al l 6% annuo.

 

I rendimenti azionari mostrano una storia simile: sempre a due cifre e con una volatilità più bassa . Prima del 2013, quando le tecnologie rinnovabili erano ancora in gran parte non competitive, i rendimenti medi annui di solare ed eolico erano rispettivamente di -11% e -6%. Dopo il punto di svolta tecnologico, il ritorno è schizzato al 10% e al 17%

 

Nel rapporto/manuale del Wef, alcuni investitori spiegano per la prima volta il business case dei loro investimenti nell’energia verde

 

Gli investimenti nell’eolico della Caisse de depot et placement du Quebec (Canada) hanno raggiunto un totale di 2,5 miliardi di dollari. Il maggiore di questi investimenti, Invenergy, ha già avuto un ritorno importante, vicino agli 1,5 miliardi di dollari

 

Gli investimenti nel fotovoltaico del  Capricorn Investment Group (Usa) si sono rivelati un grosso affare: La Antelope Valley solar farm company è stata venduta per 2 miliardi di dollari alla Berkshire Hathaway nel 2012 e, da allora, ha emesso  due offerte di bond, realizzando il 5,375% (1 miliardo di dollari nel 2013) e il 3,95% (325 milioni di dollari nel  2015)

 

Buoni risultati anche per gli investimenti in una centrale a biomasse di PensionDanmark  per 1,6 miliardi di corone danesi (circa. 225 milioni di dollari), dato che la costruzione della centrale è stata ultimata prima del previsto

 

Ma il Wef conclude: Perché l’energia verde possa essere pienamente all’altezza del suo potenziale come importante contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici, gli investitori di tutto il mondo dovranno adeguare ulteriori porzioni del loro portafoglio per l’energia verde. Dato che i trend attuali sono ancora del 60% in meno di quello che è necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi nel 2030».

 

Come fa notare  Amnda Hoower, che si occupa di affari internazionali e ambiente per il Christian Science Monitor, «Gli elettori e i politici di sinistra hanno a lungo sostenuto iniziative eco-friendly e hanno chiesto maggiori investimenti nelle nuove tecnologie energetica», ma dopo queste iniziative pionieristiche, in gran parte individuali o di piccoli gruppi, ora sembra arrivato il momento di un sostegno bipartisan sia  pubblico che privato. Questo anche grazie al sostegno dato dall’Amministrazione di Barak Obama alle iniziative per il risparmio energetico, che limitano l’uso di combustibili fossili, e ai suoi sforzi per combattere gli effetti del cambiamento climatico. Ma le cos potrebbero cambiare con l’arrivo di Donald Trump e della sua corte di amici e dipendenti delle Big Oil e dei King Coal alla Casa Bianca. Trump ha infatti promesso che rilancerà l’estrazione dei combustibili fossili e la produzione di carbone negli Stati della Rust Belt, che lo hanno massicciamente votato.

 

Ma Trump dovrà fare i conti con una forte opposizione ambientalista che sta guadagnando rapidamente terreno e con le imprese statunitensi più innovative, come i  350 imprenditori e investitori che a novembre hanno confermato il loro sostegno all’energia pulita e chiesto di non togliere le normative sulle emissioni.

 

Se gli ambientalisti sembrano in grado di battere i negazionisti climatici, un aumento di investimenti – e posti di lavoro – nelle energie rinnovabili potrebbe convincere Trump a rivedere le sue posizioni.

 

Nella lettera  che hanno inviato al prossimo inquilino della Casa Bianca, le 365 imprese e investitori scrivono: «La mancata costruzione di un’economia low-carbon mette a rischio la prosperità americana. Ma agire in questo momento creerà posti di lavoro e aumenterà  la competitività degli Stati Uniti». Hoower spiega che «Nei soli Stati Uniti, più di 300.000 persone lavorano nelle industrie dell’eolico e dl solare,  che ammonta a circa cinque volte la dimensione del settore del carbone».

 

Alcuni ambientalisti sperano che le nuove industrie verdi emergenti riescano a condizionare i repubblicani con le loro donazioni e  Tom Werner, amministratore delegato di SunPower, ha detto alla Reuters: «La speranza è di collaborare ed educare i nuovi incaricati (dell’amministrazione di Trump) e di sottolineare i fatti, poi si vedrà».

 

Ma la maggioranza degli ambientalisti Usa non ha nessuna fiducia in un rinsavimento green di Trump e, per quanto riguarda l’economia, spera solo che il business privato  si avvarrà dei costi  in caduta libera delle energie rinnovabili e che determini così il futuro dell’energia statunitense – e mondiale – attraverso  le sue scelte.

 

Fonte: http://www.greenreport.it/news/energia/wef-raggiunto-punto-non-ritorno-elle-energie-rinnovabili-costano-meno-delle-fossili/