Dossier Biodiversità a rischio 2017: in Italia ogni anno perdiamo lo 0,5% delle specie

Da sempre la biodiversità, la varietà degli esseri viventi che popolano la Terra, è sinonimo di ricchezza, di varietà e di coesistenza, ma il dossier “Biodiversità a rischio 2017” conferma che «Dopo 4 miliardi di anni di evoluzione, questo straordinario patrimonio, di cui l’Italia è uno dei paesi più ricchi in Europa, è a rischio.  Perdita e frammentazione degli habitat, cambiamenti climatici, sovra sfruttamento delle risorse, introduzione di specie aliene e inquinamento sono tra le cause principali, in quanto non solo possono alterare in modo irreversibile i delicati equilibri del nostro ecosistema, ma possono anche amplificare gli effetti di questo processo».

 

Secondo il dossier, in Italia il numero delle principali tipologie di habitat tutelati dalle due direttive Habitat e Uccelli  è di 136, suddiviso nelle seguenti tipologie di habitat: dunali 12, marino-costieri 16, prativi naturali e seminaturali 15, torbiera e paludi 10, forestali 40, acque dolci 15, arbustivi temperati 5, arbustivi mediterranei 11, rocciosi 12 (Fonte: Ispra 2013). In Italia, inoltre, il numero delle specie animali e vegetali tutelate dalle due direttive è di 619, suddiviso tra: mammiferi 67, uccelli 282, rettili 37, anfibi 28, pesci 29, molluschi 12, artropodi 50, altri invertebrati 3, piante vascolari 100, piante non vascolari 11 (Fonte: Ispra 2013). Per quanto riguarda le specie animali, vegetali e gli habitat emerge che, dove gli impegni e gli investimenti sono stati effettuati, i risultati positivi iniziano ad arrivare», come dimostrano la ripresa di gipeto, camoscio appenninico, cervo sardo, Ophrys lunulata, Stipa austroitalica, e di habitat come i Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggeti con Abies nebrodensis, Lagune costiere, Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero Brachypodietea

 

Il dossier di Legambiente, curato da Federica Barbera e pubblicato in occasione della Giornata mondiale della biodiversità,  evidenzia che «In Italia e in Europa l’attuale modello di sviluppo socio-economico e gli sforzi di conservazione fatti fino ad oggi, che pure hanno prodotto buoni esiti, non sono sufficienti ad arrestare il declino delle specie animali e vegetali».

 

Gli ambientalisti ricordano che secondo la Lista Rossa Iucn delle specie in pericolo, in Italia c’è una perdita annuale di specie pari allo 0,5% del totale e che «Nonostante l’impegno nella conservazione, su oltre 2.800 specie esaminate ben 596 sono a rischio di estinzione (il 20%). Per altre 376, soprattutto invertebrati o animali di ambiente marino, e per la stragrande maggioranza delle specie vegetali prioritarie, il rischio di estinzione è ignoto o non ci sono dati adeguati».

 

Il Cigno Verde conclude: «C’è una questione culturale da superare, per difendere la biodiversità ci vuole innanzitutto capacità di gestire il territorio conciliando le esigenze delle attività produttive con la presenza della fauna selvatica, accompagnando il processo con una potente azione di informazione e formazione. Un esempio tra tutti la conservazione del lupo. Con molti sforzi siamo passati da 100 esemplari a 1400–2000 individui lungo tutto la catena appenninica e nell’arco alpino occidentale. Ma la convivenza con l’uomo, paradossalmente, è difficilissima. Ibridazione, bracconaggio e disinformazione colpiscono duramente. Secondo l’Ispra, ogni anno 250–300 esemplari sono investiti, avvelenati, uccisi con armi da fuoco o strangolati da lacci».

 

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