Mobilità sostenibile, efficienza energetica in edilizia, ma anche eco innovazione e agricoltura ecologica: questi sono solo alcuni degli ambiti in cui l’Italia può investire per assicurarsi che la crescita economica vada di pari passo con quella della sostenibilità. A definirli sono gli Stati Generali della Green economy, aperti stamattina a Rimini, in occasione di Ecomondo 2018, dal Consiglio nazionale della Green economy in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
Appuntamento ormai regolare, la due giorni verde ha, come di consueto, passato ai raggi X il comparto produttivo italiano per individuare punti deboli e occasioni di sviluppo. Il risultato è contenuto nella Relazione sullo stato della green economy 2018, documento contenente le indicazioni su come e dove orientare gli investimenti nazionali per far fiorire il settore.
Nel dettaglio, il rapporto presenta un programma “quinquennale” strutturato in 10 misure, tutte orientate ad aiutare la ripresa e creare nuova occupazione. Questa sorta di decalogo comprende: un raddoppio delle fonti rinnovabili; azioni di riqualificazione degli edifici privati e pubblici; il conseguimento dei nuovi target europei di riciclo dei rifiuti; la realizzazione di un Programma di rigenerazione urbana; il raddoppio degli investimenti nell’eco-innovazione; misure per la mobilità urbana sostenibile; supporto all’agricoltura ecologica e di qualità; la riqualificazione del sistema idrico nazionale; il rafforzamento della prevenzione del rischio idrogeologico; ilcompletamento delle bonifiche dei siti contaminati.
Su questi dieci settori sarebbe necessario far confluire nei prossimi 5 anni tra i 7 e gli 8 miliardi di euro l’anno di investimenti pubblici, attivando così circa 21,4 miliardi di investimenti privati. “I vantaggi economici di questi investimenti green sono molteplici – ha sottolineato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile – il primo riguarda i costi evitati dell’inquinamento e di altri impatti ambientali”.
Ma sono le cifre prettamente economiche quelle convincono anche i più scettici: scommettere sui settori sopracitati permetterebbe di generare valore di produzione di 74 miliardi e in media 440 mila nuovi posti di lavoro ogni anno che, tenendo conto dell’indotto, arriverebbero a oltre 660 mila. I settori a più alto coefficiente occupazionale sono le fonti rinnovabili con il 32% del totale degli occupati, seguiti dall’agricoltura bio con il 18% del totale dei posti di lavoro e dalla rigenerazione urbana a cui spetta una fetta del 12%. Più distanti le cifre relative all’efficientamento degli edifici con il 9% degli occupati, dalla riqualificazione del sistema idrico con l’8% e della bonifica dei siti contaminati con il 5%.
Completano il quadro, il settore rifiuti incentrato sul passaggio dall’economia lineare a quella circolare con il 5% degli occupati, la mobilità sostenibile e l’eco-innovazione entrambe con il 2% di posti di lavoro e infine la prevenzione del rischio idrogeologico con lo 0,7% degli occupati.
FONTE: http://www.rinnovabili.it/ambiente/green-economy-2018/