Gli investimenti responsabili negli Usa guadagnano spazio, anno dopo anno, ritagliandosi un ruolo da protagonisti che fino a poco tempo fa forse nessuno avrebbe immaginato.
Gli asset gestiti secondo strategie Sri (investimento sostenibile e responsabile) all’inizio del 2016 infatti raggiungevano un totale di 8.700 miliardi di dollari: esattamente due anni dopo hanno raggiunto i 12mila miliardi, con un aumento del 38 per cento. Considerato che tutti gli asset gestiti negli Usa messi insieme raggiungono i 46.600 miliardi di dollari, stiamo parlando del 26 per cento del totale. O, per dirlo in altri termini, di un dollaro su quattro.
A scattare questa fotografia dai toni sorprendentemente ottimisti è la Us Sif Foundation (il Forum statunitense per gli investimenti sostenibili e responsabili) nell’edizione 2018 del suo report, che viene pubblicato ogni due anni.
L’ascesa inarrestabile degli investimenti responsabili
Quella della finanza sostenibile è una vera e propria scalata. Quando la Us Sif Foundation ha iniziato le sue misurazioni era il 1995 e questo mercato valeva 639 miliardi di dollari. Da allora è aumentato di oltre 18 volte, con una media del +13,6 per cento ogni anno.
Nel 2018 valgono 11.600 miliardi di dollari i portafogli di investimenti che vengono prima selezionati, e poi gestiti, sulla base di criteri ambientali, sociali e di governance (Esg). Molto più ridotta (1.800 miliardi di dollari di asset) è l’incidenza dell’engagement, o azionariato attivo, rappresentato da quegli investitori che avviano un dialogo con il management delle aziende. Il totale di 12mila miliardi risulta inferiore a questa somma perché questi due insiemi in parte si sovrappongono (per la precisione, gli asset che vengono gestiti sulla base di entrambi gli approcci valgono 1.400 miliardi).
Le tre facce della sostenibilità
I tre pilastri degli investimenti responsabili – ambiente, società e governance – sono equamente rappresentati. A “vincere” sono i criteri sociali, che dal 2016 hanno visto crescere del 39 per cento gli asset gestiti.
I portafogli di investimenti “tobacco-free” valgono 2.900 miliardi di dollari, con un notevole +432 per cento rispetto al 2016. Gli asset gestiti tenendo in conto i cambiamenti climatici hanno un volume di 3mila miliardi, quelli che escludono i regimi autoritari o coinvolti in conflitti invece valgono 2.260 miliardi.
Una tempesta di richieste dagli azionisti
Le aziende insensibili di fronte alla salute del mondo che le circonda, insomma, dovrebbero iniziare a cambiare rotta. A persuaderle potrebbe essere anche il susseguirsi di assemblee degli azionisti sempre più movimentate.
I soci, infatti, sono sempre meno titubanti di fronte all’idea di mettere sul tavolo le loro richieste, presentando delle mozioni. Il tema più caldo è quello che tecnicamente si chiama “proxy access”, cioè il meccanismo che permette agli azionisti (singoli o in gruppo) di presentare i propri candidati per il consiglio di amministrazione. Al secondo posto ci sono le attività di lobbying, seguite da cambiamenti climatici, equità di trattamento sul posto di lavoro, stipendi dei dirigenti e diritti umani.
Appuntamento il 26 novembre con il report “gemello”, con cui l’Eurosif farà il punto sugli investimenti responsabili in Europa. Che si assista a una crescita rispetto al 2016 sembra fuori di dubbio: bisognerà quindi capire se gli sviluppi del Vecchio Continente saranno veloci e incoraggianti quanto quelli americani.
FONTE: https://www.lifegate.it/persone/news/fondo-verde-clima-progetti