Aumentare gli investimenti, pubblici e privati, è il mantra che da anni l’Italia si ripete senza successo per tornare a crescere, ma adesso finalmente un’importante fetta del Paese è in grado di dare il buon esempio: le maggiori 100 utility pubbliche e private italiane – attive nei settori gas, luce, acqua e rifiuti – hanno incrementato i loro investimenti del 25,6% (dati 2017 su 2016) insieme all’attenzione verso la sostenibilità, ritenuta sempre più strategica nella creazione di valore.
A testimoniarlo è la VII edizione del rapporto Top Utility Analysis, presentato oggi a Milano. Nel 2017 gli investimenti nel settore sono infatti saliti a 5,7 miliardi di euro contro i 4,5 miliardi del 2016: si tratta di in impianti, reti e attrezzature a servizio del cittadino, dato che le 100 aziende che le hanno messe in campo assommano il 50,6% dell’energia elettrica generata in Italia e il 70,2% delle vendite finali, ovvero il 42,6% dei volumi di gas distribuiti e il 65,6% di quelli venduti (dati Arera), il 70,2% dell’acqua distribuita e il 43% dei rifiuti urbani raccolti.
«L’analisi – commenta l’economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e coordinatore del gruppo di ricerca Top Utility – evidenzia la centralità del settore dei servizi di pubblica utilità per l’intero sistema Paese L’enorme sforzo prodotto dalle imprese sul fronte dell’efficienza e delle tecnologie per migliorare infrastrutture, impianti e reti, evidenziato dal dato sugli investimenti, specie quello del settore idrico, testimonia l’evidente volontà delle imprese di scommettere sul futuro, oggi messo in discussione dalla proposta di legge sull’acqua, che potrebbe cancellare investimenti ed eccellenze».
Si tratta della proposta di legge Ac52 avanzata da Federica Daga (M5S) e per la quale da due giorni è ripreso l’esame in commissione Ambiente della Camera, dopo che già la Conferenza delle Regioni ha chiesto che venga «profondamente modificata» in almeno tre punti focali, tra i quali spicca l’intero assetto del servizio idrico che la pdl andrebbe a definire, riportando indietro le lancette dell’orologio a oltre 25 anni fa, quando venne approvata la legge Galli; a fronte di una rete idrica che ancora oggi perde in media il 41% dell’acqua che trasporta, l’attuale modello di governance ha permesso di triplicare gli investimenti nel settore (circa 3,6 miliardi di euro nel 2017 rispetto ai 1,2 del 2013) e puntare così a raggiungere il necessario orizzonte dei 5 miliardi di euro annui. Per com’è attualmente formulata, la proposta di legge per la ripubblicizzazione del servizio idrico rischia di far saltare l’intero scenario caricando costi miliardari sulla fiscalità generale, in un contesto dove peraltro l’acqua è da sempre un bene demaniale inalienabile, e dove tra le maggiori 100 utility nazionali già oggi non ci sono aziende private.
Guardando invece complessivamente ai settori gas, luce, acqua e rifiuti il 67% delle aziende – documenta il report presentato oggi a Milano – è a totale capitale pubblico, mentre il 20% è misto e il 9% è quotato in Borsa e solo il 4% privato. Insieme, le 100 aziende hanno generato nel 2017 un valore della produzione aggregato prossimo ai 112 miliardi di euro, pari al 6,5% del Pil italiano, con investimenti in grande crescita. A investire sono in netta prevalenza le aziende elettriche: circa 2,6 miliardi di euro, pari al 45,8% del totale (+32% sul 2016), mentre le multiutility hanno sfiorato i 2 miliardi (+20,9% sul 2016). Da segnalare i 916 milioni di euro di investimenti delle imprese del sistema idrico (+21,1% sul 2016), che testimoniano gli sforzi in atto per migliorare la qualità delle reti. L’investimento medio per abitante è di 37,1 euro, il 40% in più del valore dell’anno precedente (26,2 euro), mentre per le sole multiutility attive nel servizio idrico questo dato aumenta ulteriormente, toccando i 47,6 euro per abitante.
Le realtà d’eccellenza sono state premiate oggi a Milano in molti campi – la migliore in assoluto è risultata A2A, ma si va dal riconoscimento per la Sostenibilità di Acque spa a quello per la Comunicazione assegnato a Hera –, ma è positivo notare come la sostenibilità sia trasversalmente sempre più al centro delle attività delle top utility italiane. Nel 2017 sono state 51 le aziende che hanno redatto il rapporto di sostenibilità, quattordici in più rispetto all’anno precedente e diciassette rispetto al 2015: solo 31 erano però tra quelle tenute a farlo, mentre per le altre 20 è stata una libera scelta. Anche le certificazioni crescono, sia per quanto riguarda quelle di prodotto, sia per quelle ambientali, di efficienza energetica e di sicurezza sul lavoro.
di Luca Aterini
FONTE: http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/in-italia-lo-sviluppo-sostenibile-passa-per-le-utility-tra-le-top-100-investimenti-a-256/