Greta Thunberg e le sue sorelle, chi sono le ragazze che lottano per il clima

Migliaia di giovani scendono in piazza in tutto il mondo per chiedere ai governi di impegnarsi di più contro i cambiamenti climatici, oltre l'evento mondiale del 15 marzo.

Sono poco più che bambini, sono perlopiù ragazze, stanno provando a salvare il mondo e sono, forse, la nostra ultima speranza per garantire un futuro alla nostra specie. Dall’agosto del 2018 decine di migliaia di ragazzi hanno preso parte a scioperi scolatici in molte nazioni del mondo, tra cui Svezia, Svizzera, Belgio, Germania, Regno Unito, Canada, Italia, Giappone e Australia, per chiedere ai governi azioni concrete nella lotta contro i cambiamenti climatici. I giovani di oggi sono, in qualche modo, unici, sono infatti i primi ad essere nati e cresciuti in pieno Antropocene, con l’incombente minaccia dei cambiamenti climatici.

 

Questi ragazzi hanno capito che il Pianeta che erediteranno sarà invivibile, poiché le generazioni precedenti non hanno avuto la volontà politica e il coraggio di affrontare la minaccia climatica. Questo movimento di speranza, che continua a crescere e avanza impetuoso come un’onda, è nato da una sola, insospettabile, persona, una ragazzina svedese di sedici anni dal sorriso timido, l’astro nascente dell’ambientalismo mondiale, Greta Thunberg.

 

Un “messia” con le trecce

A 11 anni Greta smise di parlare e di mangiare e le furono diagnosticati la sindrome di Asperger, il disturbo ossessivo-compulsivo e il mutismo selettivo. Quale fu la causa scatenante del malessere della giovane? I cambiamenti climatici, di cui sentì parlare per la prima volta a 8 anni, e da allora il pensiero dell’imminente catastrofe ambientale non l’ha più abbandonata. Ma, anziché lasciarsi sopraffare dalla vastità della crisi climatica e continuare a vivere come niente fosse, come fa la maggior parte di noi, Greta decise di agire, perché “non sei mai troppo piccolo per fare la differenza”.

 

La ribellione di Greta

La battaglia di Greta Thunberg per il clima è iniziata il 20 agosto 2018, quando la ragazza, allora quindicenne, scioperando da scuola e impugnando un cartellone con scritto “Skolstrejk för klimatet” (sciopero della scuola per il clima), si è accampata davanti al parlamento svedese, distribuendo volantini che illustravano la crisi climatica. Greta ha continuato a manifestare davanti al parlamento ogni venerdì, dando vita, quasi inconsapevolmente, al movimento Fridays for future.

 

“Raccontavo quello che stavo facendo attraverso post su Instagram e Twitter che diventavano virali in poco tempo – ha spiegato la giovane – così sono iniziati ad arrivare giornalisti e reporter”. In questo modo Greta è riuscita a “rendersi rilevante al circuito mediale – ha scritto Alessio Giacometti – condizione preliminare per attivare il dissenso collettivo e riaggregarlo sotto forma di consenso intorno a una nuova professione di fede”.

 

Greta Thunberg, con la sua lotta solitaria, ci ha ricordato la straordinaria potenza degli atti individuali di ribellione. “Il movimento Fridays for future non è il primo grande cambiamento che inizia con l’azione di una singola persona – ha scritto il rabbino ambientalista Jonathan Wittenberg – da Abramo in poi, la nostra storia è piena di persone che, inizialmente sole, hanno cambiato il mondo”.

 

Greta Thunberg, con l’innocenza e la brutale onestà dei suoi sedici anni, ha detto ai potenti del Pianeta: “Siamo venuti qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene alle persone”, e migliaia di giovani hanno deciso di unirsi alla sua lotta.

 

I cambiamenti climatici non sono un gioco

Le vite dei giovani, che spesso vengono accusati di mancanza di valori, sono profondamente influenzate dai cambiamenti climatici. Già nel 2007, uno studio condotto su bambini di età compresa tra 10 e 14 anni, aveva rilevato che metà degli intervistati era profondamente preoccupata per il riscaldamento globale, mentre un quarto temeva che il mondo sarebbe finito nel corso della loro vita. Un progetto di ricerca australiano chiamato Climate change and me, svoltosi dal 2013 al 2017, ha confermato la ricettività dei ragazzi verso la più grande minaccia mondiale. “È orribile come gli umani stiano causando la morte di molte specie animali e vegetali”, ha detto un bambino di 11 anni. Proprio questa paura, che Thunberg si augura provino anche i politici, è all’origine dei movimenti giovanili per il clima.

 

Adolescenti per il clima, le sorelle di Greta

Il 15 marzo è stato proclamato uno sciopero generale per il clima, il Climate strike for future, che coinvolgerà oltre novanta nazioni e più di 1.300 città. L’obiettivo del movimento, che poi dovrebbe essere l’obiettivo di ogni singolo essere umano sulla Terra, è di ottenere una drastica riduzione delle emissioni inquinanti per limitare l’aumento della temperatura media globale entro un grado e mezzo.

 

Abbiamo appena dodici anni per raggiungere questo obiettivo e scongiurare la catastrofe climatica. Il movimento globale, nato dall’esempio di Greta, sta connettendo tra loro, grazie anche ai social network, giovani da tutto il mondo che hanno a cuore le tematiche ambientali. “Inizialmente mi sentivo strana, quasi un’anomalia nella mia scuola, poi, scioperando, ho incontrato molte altre persone della mia età che condividono le mie preoccupazioni – ha dichiarato Anna Taylor, diciassettenne inglese che con altri quattro studenti ha fondato Uk Students climate network (Ukscn) –. Ora stiamo coordinando i nostri scioperi in tutto il mondo per avere un impatto maggiore”.

 

L’urlo di protesta della “generazione climatica”

La serietà e il coraggio di Greta Thunberg, recentemente proposta per il premio Nobel per la Pace, poiché “il movimento che ha messo in moto è un importante contributo per la pace”, hanno conferito un’inaspettata autorevolezza ai ragazzi, che, di colpo, si sono ritrovati al centro del dibattito sul clima. “I giovani hanno così tanta passione ed energia e, considerando che parliamo del nostro futuro, penso che dobbiamo essere ascoltati”, ha detto Tallulah Guard, 17 anni, londinese. Lo scorso novembre in Australia circa 15mila studenti sono scesi in strada dopo che Harriet O’Shea Carre e Milou Albrecht, entrambe di 14 anni, hanno scritto una lettera in cui chiedevano al governo un maggiore impegno per contrastare i cambiamenti climatici. Una marcia analoga si è svolta in Belgio, organizzata dalle diciassettenni Anuna De Wever e Kyra Gantois, a cui hanno partecipato ben 35mila persone. “La nostra è una generazione climatica – ha dichiarato Anuna De Wever – è in gioco il nostro futuro, motivo per cui i politici devono ascoltare gli esperti e attuare politiche che proteggano il Pianeta”.

 

Piccole donne alla riscossa

Tra i manifestanti e gli organizzatori degli scioperi studenteschi non mancano i ragazzi, ma tra i leader di questo movimento giovanile troviamo soprattutto ragazze, elemento che, a causa del radicato atteggiamento patriarcale della società, rende ancora più indigesto il movimento ai suoi oppositori.  

 

Tra queste, oltre a quelle già citate, ci sono anche la tredicenne statunitense Alexandria Villasenor, che ha iniziato a scioperare davanti alla sede delle Nazioni Unite dopo che, pochi mesi prima, aveva assistito ad un grave incendio in California, che l’aveva provata fisicamente ed emotivamente. “Non lasceremo che ci consegnino un pianeta distrutto”, ha affermato. Sempre dagli Stati Uniti viene Nadia Nazar, 16 anni, co-fondatrice del gruppo per la giustizia climatica Zero Hour. “Non voglio vivere nella paura di non avere una vita normale a causa dei cambiamenti climatici”, ha spiegato l’adolescente di Baltimora. “Dobbiamo aumentare la pressione, continuare gli scioperi e trovare un linguaggio chiaro perché la nostra voce venga ascoltata. Dobbiamo far sì che quella climatica diventi una questione intergenerazionale e includa adulti, genitori, insegnanti e lavoratori negli scioperi”, ha dichiarato la 22enne tedesca Luisa Neubauer, da anni attiva per la salvaguardia dell’ambiente.

 

Un futuri da (ri)scrivere

Se da un lato sappiamo che gli enormi interessi economici in ballo siano sufficienti, dall’altro ci risulta incomprensibile come i decisori politici stiano deliberatamente condannando la nostra specie, contribuendo a mettere fine al mondo così come lo conosciamo oggi. Una spiegazione, secondo Ben Page, amministratore delegato dell’ente di analisi e ricerche di mercato britannico Ipsos Mori, sarebbe inscritta nei nostri geni, che ci rendono inadatti a reagire ai pericoli a lungo termine. “Siamo cablati per difenderci da pericoli imminenti, come le tigri dai denti a sciabola”. Vedere i nostri figli accusarci di stare distruggendo il loro futuro dovrebbe però terrorizzarci più di uno smilodonte e può e deve bastare per invertire questa tendenza. Se non vogliamo aiutarli, smettiamo quantomeno di ostacolarli, perché il destino del mondo è nelle loro giovani mani.

 

di Lorenzo Brenna

 

Fonte: https://www.lifegate.it/persone/news/proteste-giovani-clima-movimento-friday-for-future