Tonnellate di microfibre negli oceani: per fermarle dobbiamo cambiare le nostre abitudini

L’8 giugno si celebra la Giornata mondiale degli oceani e in occasione di questa ricorrenza un nuovo studio della Northumbria University, in Inghilterra, punta i riflettori su un problema ancora poco considerato: l’inquinamento da microfibre. Secondo gli studiosi, ogni anno la sola Europa riversa negli ecosistemi marini 13.000 tonnellate di microfibre, sia naturali che sintetiche. 

 

Queste fibre, rilasciati dai tessuti durante il lavaggio, sembrano essere anche più dannose per fiumi, mari e oceani delle microplastiche bandite dai prodotti di consumo. Per valutarne a pieno l’impatto ambientale, gli scienziati in collaborazione con Procter & Gamble hanno misurato il rilascio di microfibre dai tipici cicli di lavaggio, valutando anche fattori come l’aggiunta dell’ammorbidente o l’età dei capi

 

L’analisi svolta dai ricercatori della Northumbria University ha rivelato come vengano persi, a ogni lavaggio standard e per ogni chilogrammo di tessuto, in media 114 mg di fibre.

 

Attraverso analisi spettroscopiche e microscopiche il team è riuscito anche a determinare i rapporti tra fibre artificiali e naturali rilasciate dai carichi di lavaggio, scoprendo che il 96% delle particelle liberate sono naturali (da cotone, lana e viscosa), mentre solo il 4% proviene da fibre sintetiche (come nylon, poliestere e acrilico). Il dato è positivo. Le prime infatti si biodegradano molto più rapidamente a differenza di quelle sintetiche o a base petrolifera, che al contrario si stabilizzano e permangono negli ambienti acquatici a lungo. 

 

Confrontando diverse lavatrici, il gruppo di ricerca ha scoperto che quelle di ultima generazione permettono una riduzione del 70% nel rilascio di fibre da tessuti in pile e del 37% da magliette in poliestere. Ma non è solo cambiando lavatrice che si può coadiuvare la riduzione di questi inquinanti dagli ecosistemi acquatici. Altre semplici azioni possono essere d’aiuto: dall’utilizzare vestiti più vecchi in quanto le microfibre rilasciate sono molto alte nei primi otto lavaggi, al fare carichi più alti che, a causa del rapporto inferiore tra tessuto e acqua, ne diminuiscono il rilascio (senza riempire troppo la propria lavatrice: l’ideale sarebbero 3/4 di carico). 

 

La ricerca suggerisce come possibile miglioramento un “semplice” cambio di abitudini. Infatti se le persone usassero cicli di lavaggio da 15 minuti a 30°C la quantità di microfibre rilasciate dai tessuti si ridurrebbe del 30%, con un risparmio di questi inquinanti di circa 3.810 tonnellate. 

 

Come ha sottolineato l’autore principale dello studio, John R. Dean, per “trovare una soluzione definitiva all’inquinamento degli ecosistemi marini da parte delle microfibre rilasciate durante i cicli di lavaggio” saranno necessari “interventi significativi sia nei processi di produzione di tessuti che nella progettazione delle lavatrici”. Nel frattempo la ricerca, spiega Neil Lant, Research Fellow della Procter & Gamble, “ha dimostrato che le scelte dei consumatori per quanto concerne il bucato possono avere un impatto significativo e immediato sull’inquinamento da microfibra. Ciò non eliminerà il problema, ma potrebbe permetterci di operarne una significativa riduzione a breve termine mentre vengono sviluppate e commercializzate altre soluzioni tecnologiche, come filtri per lavatrice e indumenti a bassa dispersione”. 

 

Fonte: https://www.rinnovabili.it/ambiente/inquinamento/microfibre-negli-oceani-abitudini/